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Il flutter atriale è una forma relativamente frequente di aritmia atriale che si verifica spesso in associazione con la fibrillazione atriale e può essere causa di eventi avversi importanti quali ad esempio l’ictus cardioembolico, l’ischemia miocardica e talora la tachicardiomiopatia a causa della rapida conduzione atrioventricolare. I sintomi del FLA comprendono palpitazioni, intolleranza allo sforzo, dispnea e presincope. Come nella fibrillazione atriale, si possono formare trombi atriali che possono poi embolizzare.
Il flutter atriale è dovuto a un macrocircuito di rientro, generalmente localizzato nell’atrio destro, ed è poco sensibile ai farmaci antiaritmici comunemente usati per la fibrillazione atriale (di classe I e III). L’ablazione transcatetere mediante radiofrequenza è la terapia di elezione per il trattamento del flutter atriale.
La diagnosi del FLA è basata sull’ECG 12-derivazioni o sull’ECG secondo Holter, in cui si evidenzia l’attivazione atriale con il tipico pattern a denti di sega (dette onde F). Nel caso di flutter atriale, gli atri si depolarizzano a una frequenza di 250-350 battiti/min. Dal momento che il nodo atrioventricolare non è in grado di condurre a questa velocità, gli impulsi vengono condotti al ventricoli secondo un rapporto di conduzione che può essere fisso, dando un ritmo ventricolare regolare (ad esempio in caso di conduzione 2:1, con FC 150 bpm) oppure variabile da momento a momento, secondo rapporti di conduzione variabili (3:1, 4:1, o 5:1), dando un ritmo ventricolare a tratti regolare e a tratti irregolare.
Secondo la classificazione sec. Scheinman, il flutter atriale viene distinto, a secondo della camera in cui origina, in flutter atriale destro e flutter atriale sinistro.
Il flutter atriale destro viene a sua volta distinto in due sottogruppi, flutter atriale destro istmo dipendente (tipico) e flutter atriale destro non istmo dipendente (atipico). Il flutter atriale istmo dipendente viene distinto in due forme: a) Flutter antiorario comune (FLA tipo 1) e b) Flutter orario non comune (FLA tipo 2) (Figura 1)
Il Flutter atriale destro istmo-dipendente comune (antiorario di tipo 1) è la forma più comune (circa 80% dei casi) ed è tipicamente un ritmo atriale regolare dovuto a un circuito di rientro che coinvolge gran parte dell’atrio destro (macrorientro atriale destro), costituito dal rallentamento di conduzione in prossimità dell’istmo cavo-tricuspidalico (CTI), cioè formato dall’anello tricuspidalico anteriormente e posteriormente dall’ostio della cava inferiore in atrio destro, e/o al blocco funzionale di conduzione lungo la crista terminalis e cresta Eustachiana (circuito a). L’ECG mostra tipico pattern di onde F a denti di sega, evidente nelle derivazioni inferiori (D2, D3, avF) (Figura 2). La forma di tipo 1 risponde meglio alla ablazione trancatetere.
Il flutter atriale istmo dipendente non comune (reverse, tipo 2) è meno frequente (circa 10%), ed è dovuto a un circuito identico al flutter comune, però percorso in senso inverso (reverse, circuito b). Il fronte d’onda procede in senso orario verso il basso lungo la parete settale rallentando in basso in prossimità dell’istmo cavo tricuspidalico, per poi risalire verso l’alto lungo la parete laterale verso il tetto atriale. L’ECG mostra onde F positive (a denti di sega capovolta) nelle derivazioni inferiori (DII, DIII, aVF), bifasiche di basso voltaggio in I e aVL e negative in V1 (Figura 3).
Il flutter atriale atipico è invece una tachicardia atriale regolare, talvolta rapida, basato su un circuito di macrorientro non dipendente dall’istmo vena cava-anello tricuspidale, che può avvenire in atrio destro o sinistro. L’ECG non presenta aspetti tipici, e le onde F presentano aspetto sinusoidale con voltaggio variabile.
Il flutter atriale ha un’incidenza 2-5 volte più alta nei maschi rispetto alle donne, ed è più frequente nel paziente anziano per quanto la valutazione della sua reale incidenza è incerta poiché l’aritmia spesso evolve in fibrillazione atriale
Le cause di flutter atriale sono numerose e i fattori più frequenti sono le cardiopatie. Rispetto alla fibrillazione atriale, il flutter atriale avviene più raramente in assenza di cardiopatia strutturale, e più frequentemente associato a cardiopatie con dilatazione atriale (scompenso cardiaco congestizio, valvulopatia mitralica e tricuspidale).
I disturbi cardiaci più frequentemente associati a flutter sono la cardiopatia valvolare reumatica e non reumatica, la cardiopatia ischemica, lo scompenso cardiaco, le pericarditi, la cardiopatia ipertensiva. Tra i disturbi non cardiaci, i più frequenti sono ipertiroidismo, obesità, reflusso gastroesofageo, malattie respiratorie, squilibri elettrolitici, sindrome dell’apnea del sonno. Altri fattori sono l’abuso di alcol e droghe e il fumo.
Il trattamento del FLA comprende il controllo della risposta in frequenza cardiaca con farmaci, la prevenzione del tromboembolismo con la terapia anticoagulante e, spesso, la conversione a ritmo sinusale con i farmaci o la cardioversione elettrica, o l’ablazione transcatetere del substrato (macrorientro atriale destro).
Il controllo farmacologico della frequenza è più difficile da ottenere nel flutter atriale che nella fibrillazione atriale. La risposta in frequenza viene generalmente controllata con i farmaci beta-bloccanti o i Calcio-antagonisti non-diidropiridinici (verapamil e diltiazem), oppure con la digitale. Viceversa, molti dei farmaci antiaritmici che si usano in caso di fibrillazione atriale per ripristinare il ritmo sinusale (specialmente quelli di classe Ia e Ic) possono rallentare il flutter atriale e ridurre la refrattarietà del nodo atrioventricolare (per la loro azione vagolitica), tanto da favorire una conduzione 1:1, che può provocare un aumento indesiderato e pericoloso della frequenza ventricolare e portare alla compromissione emodinamica. Questi farmaci possono essere usati invece per prevenire le recidive, per il mantenimento del ritmo sinusale a lungo termine.
La cardioversione elettrica sincronizzata è il trattamento di scelta per un episodio di flutter atriale di recente insorgenza. La cardioversione elettrica è la scelta obbligata nei casi con conduzione atrioventricolare 1:1 o con compromissione emodinamica. Generalmente è efficace una cardioversione con shock bifasico a bassa energia (50 joule). Come nella fibrillazione atriale, è necessaria l’anticoagulazione prima della cardioversione elettrica.
I pazienti con flutter atriale permanente o recidivante richiedono una terapia anticoagulante orale, o con un inibitore della vitamina K (warfarin titolato a un INR compreso fra 2 e 3) o con un inibitore diretto della trombina o un inibitore del fattore Xa), analogamente a quanto si raccomanda per la fibrillazione atriale.
Le procedure di ablazione transcatetere con radiofrequenza sono efficaci nel prevenire il flutter atriale, soprattutto la forma tipica. Nel caso di flutter tipico istmo-dipendente, viene effettuata l’ablazione del circuito di macrorientro, generalmente localizzato nell’atrio destro, in prossimità dell’istmo cavo-tricuspidalico (CTI) e/o lungo la crista terminalis e cresta Eustachiana.