Ablazione Tachicardie Ventricolari (TV)

Come vengono classificate le tachicardie ventricolari?

Col termine di tachicardia ventricolare (TV) si intende un ritmo accelerato del cuore con frequenza pari o superiore a 120 battiti/minuto che origina nelle camere ventricolari.

Le tachicardie ventricolari si definiscono tachicardie ventricolari non sostenute (TVNS) se durano meno di 30 secondi e tachicardie ventricolari sostenute (TVS) se durano di più o devono essere interrotte perché causano collasso emodinamico.

Da un punto di vista dell’inquadramento clinico, la suddivisione più importante di tali tachicardie è quella che le divide in:

  1. Tachicardie ventricolari idiopatiche, cioè non associate ad alterazioni strutturali cardiache riconoscibili; 
  2. Tachicardie associate a cardiopatia strutturale, cioè associate a malattie della struttura e funzione cardiaca, come la cardiopatia ischemica postinfartuale, le cardiopatie dilatative idiopatiche, la cardiopatia ipertrofica, la displasia aritmogena del ventricolo destro o biventricolare, la sarcoidosi cardiaca, le cardiopatie post-miocarditiche.

Questa suddivisione diagnostica ha un importante significato in termini fisiopatologici e prognostici, infatti:

  1. Le tachicardie ventricolari idiopatiche presentano abitualmente una origine singola ed isolata, una origine tipicamente endocardica (la parte interna del cuore) ed una prognosi abitualmente favorevole.
  2. Le tachicardie ventricolari associate a cardiopatia strutturale possono presentare origini multiple, una origine non solo endocardica (la superficie interna del cuore) ma anche epicardica (la parte esterna del cuore) o transmurale (nello spessore del muscolo cardiaco) e sono associate ad una prognosi più impegnativa. Esse si verificano infatti in pazienti con un cuore malato ed affetto da patologie evolutive e possono portare ad arresto cardiaco. Spesso i pazienti affetti da tali tachicardie sono già portatori di defibrillatori impiantabili (ICD), e l’impianto di ICD è in genere richiesto quando tale aritmie si presentano.

In che cosa consiste l’ablazione delle tachicardie ventricolari?

L’ ablazione delle tachicardie ventricolari è un intervento che consiste nella distruzione selettiva (ablazione) del tessuto cardiaco ove si trovano i circuiti responsabili dell’inizio e del mantenimento di tali aritmie.

L’ablazione delle tachicardie ventricolare ha aspetti diversi a seconda della classificazione delle TV.

  • Ablazione delle tachicardie ventricolari idiopatiche

Nella preparazione all’intervento di ablazione è estremamente importante, qualora possibile, poter disporre delle registrazioni elettrocardiografiche 12 derivazioni degli episodi clinici di tachicardia ventricolare.

Questo consente di guidare la procedura di ablazione con maggiore precisione perché l’analisi dell’elettrocardiogramma consente di identificare in anticipo la sede più probabile di origine della tachicardia ventricolare stessa.

Le tachicardie ventricolari idiopatiche hanno alcune sedi di origine preferenziali:

  1. I fascicoli anteriore e posteriore della branca sinistra (tachicardie fascicolari)
  2. Il tratto di efflusso del ventricolo destro e sinistro
  3. Le cuspidi valvolari aortiche
  4. La continuità mitro-aortica
  5. I muscoli papillari
  6. La regione epicardica della sommità ventricolare.

La procedura di ablazione delle TV idiopatiche viene generalmente eseguita con una blanda sedazione, utilizzando l’anestesia locale per l’acquisizione degli accessi vascolari necessari al posizionamento dei cateteri intracardiaci.

Tali accessi vascolari sono costituiti dalla vena femorale destra e dall’arteria femorale destra (nelle forme di tachicardia originanti nel cuore sinistro).

Una volta ottenuti gli accessi vascolari necessari viene posizionato in ventricolo destro un catetere stimolatore. Mediante tale catetere si stimola elettricamente il cuore in modo da far comparire (indurre) la tachicardia ventricolare.

A questo punto si introduce nella sede opportuna un catetere in grado di navigare all’interno del cuore ed inizia la fase di mappaggio della tachicardia, cioè di identificazione del sito di origine della tachicardia stessa.

Tale fase è assistita dall’uso di tecniche radioscopiche e di mappaggio elettroanatomico tridimensionale del cuore.

Con tale strumentazione è possibile ricostruire con precisione l’anatomia tridimensionale della regione cardiaca di interesse e creare delle mappe di origine e propagazione del circuito di tachicardia.

Una volta identificato tale circuito si procede alla sua ablazione, utilizzando una particolare forma di corrente elettrica (radiofrequenza), in grado di distruggere in modo selettivo il solo tessuto cardiaco responsabile dell’aritmia.

Una volta eseguita tale fase della procedura il cuore viene effettuata una stimolazione cardiaca programmata (studio elettrofisiologico) per confermare che la procedura abbia avuto un successo completo e duraturo.

  • Ablazione delle tachicardie ventricolari associate a cardiopatia strutturale

Anche in questo caso è di grande importanza poter disporre, quando possibile, di tracciati elettrocardiografici 12 derivazioni degli episodi aritmici. Soprattutto in questi pazienti tali tracciati costituiscono una guida di fondamentale importanza nella conduzione della procedura ablativa.

E’ inoltre fondamentale un preciso inquadramento clinico pre-procedurale del paziente, per potere predisporre tutti i provvedimenti diagnostici e terapeutici necessari alla esecuzione della procedura di ablazione nel modo più sicuro ed efficace possibile.

Deve essere in particolare valutata la eventuale necessità di supporto emodinamico del paziente durante la procedura stessa e devono essere predisposti tutti i presidi terapeutici indicati dalle particolari condizioni cliniche del singolo paziente.

La procedura di ablazione delle tachicardie ventricolari associate a cardiopatia strutturale vengono eseguite abitualmente in anestesia generale, con un monitoraggio cardio-respiratorio intensivo.

Gli accessi vascolari sono simili a quelli dell’ablazione delle tachicardie ventricolari idiopatiche, ma è spesso necessario ottenere un accesso epicardico percutaneo, quando si abbia ragione di ritenere che l’origine della tachicardia sia a livello epicardico. 

L’ablazione di queste forme di tachicardia presuppone invariabilmente l’uso di sistemi di mappaggio elettroanatomico tridimensionale.

E’ possibile distinguere due tipi fondamentali di strategia di ablazione nelle TV associate a cardiopatia strutturale:

  1. Ablazione in presenza di un substrato aritmogeno macroscopico (tipicamente nella cardiopatia postinfartuale e forme manifeste di displasia aritmogena)
  2. Ablazione in presenza di un substrato aritmogeno diffuso e infiltrativo (tipico della cardiopatia dilatativa idiopatica ed in alcune forme di displasia ventricolare).

Quali sono le fasi dell’ablazione delle tachicardie ventricolari?

La procedura di ablazione delle tachicardie ventricolare prevede una serie di fasi differenti e successive:

    1. Mappaggio elettroanatomico della cavità ventricolare di presunta origine della tachicardia. Questa fase prevede la completa ricostruzione dell’anatomia della camera cardiaca interessata assieme ad una valutazione ad alta densità dei potenziali elettrici (mappaggio elettroanatomico). Tale mappaggio consente di valutare se esistano aree di minore ampiezza del segnale elettrico, indicative della presenza di tessuto cicatriziale. Le caratteristiche dei segnali elettrici in tale sede (potenziali frammentati, aree di conduzione elettrica lenta, aree di blocco di conduzione) sono di fondamentale importanza per guidare la terapia ablativa. 
    2. Induzione della tachicardia mediante stimolazione elettrica programmata del cuore. 
    3. Mappaggio elettroanatomico della tachicardia. Questa fase è possibile solo se la tachicardia è tollerata emodinamicamente, cioè se durante la tachicardia stessa il cuore è in grado di pompare abbastanza sangue da mantenere una funzione circolatoria adeguata. 
    4. Ablazione del circuito responsabile della tachicardia 
    5. Convalida del risultato dell’ablazione con stimolazione cardiaca programmata.

Quali sono le problematiche e le criticità dell’ablazione delle tachicardie ventricolari?

Particolari problematiche dell’ablazione delle tachicardie ventricolari sono le seguenti:

  1. La tachicardia ventricolare indotta non è tollerata emodinamicamente. In questo caso è necessario supportare il circolo con una assistenza mediante particolari forme di circolazione extracorporea (ECMO, “extracorporeal membrane oxygenation”).
  2. La tachicardia ventricolare clinica (quella che il paziente presenta spontaneamente e l’ha condotto all’ablazione) non è inducibile. In questo caso si cerca di identificare mediante mappaggio elettroanatomico il substrato aritmogeno della tachicardia spontanea (aree di basso voltaggio elettrico, frammentazione dei potenziali elettrici, aree di conduzione lenta) e si procede ad una ablazione estesa in tale sede sino alla scomparsa dei potenziali lenti e frammentati (omogeneizzazione della cicatrice). Questo approccio è limitato a quelle forme di tachicardia associata ad aree cicatriziali macroscopiche.
  3. Si inducono più forme di tachicardia, cioè non solo quella clinica. In questo caso, se possibile, si cerca di mappare ed ablare tutte le forme di tachicardia inducibili. Obbiettivo finale della procedura è di ottenere una eliminazione (non inducibiltà) in primis della tachicardia spontanea e, se fattibile, di tutte le forme di tachicardia osservate.

Dopo l’ablazione è sempre necessario il defibrillatore cardiaco? 

L’ablazione delle tachicardie ventricolari è ancora oggi un trattamento complementare all’impianto di ICD, e viene in genere proposto a quei pazienti che hanno presentato una o più recidive di tachicardie ventricolari sostenute. Lo scopo primario dell’ablazione delle TV è di ridurre il burden aritmico e la conseguente necessità di interventi dell’ICD, e di migliorare quindi la qualità della vita e la sopravvivenza del paziente. 

L’utilizzo dell’ablazione delle tachicardie è divenuto sempre più ampio grazie al miglioramento delle tecniche di mappaggio e grazie alla disponibilità di nuovi target di substrato (come ad esempio i potenziali tardivi) che riescono a predire, in aggiunta alla non inducibilità, in maniera ancora più accurata il rischio di recidiva. 

In generale, soprattutto nei pazienti con tachicardie ventricolari associate a cardiopatia strutturale, l’ICD viene sempre mantenuto anche dopo un’ablazione efficace. Pazienti con TV idiopatiche o monomorfe tollerate emodinamicamente potrebbero avere un rischio di morte improvvisa più basso, in particolar modo in assenza di cardiopatia strutturale, o se la funzione cardiaca è solo moderatamente ridotta. In tali pazienti potrebbe non essere necessario mantenere il defibrillatore cardiaco, anche se tale aspetto non è stato ancora completamente indagato.  Tuttavia la possibilità di effettuare ablazioni sempre più efficaci e specifiche potrebbe permettere nei pazienti a rischio più basso di proporre l’ablazione come terapia alternativa all’ICD.

Quali sono i rischi dell’ablazione delle tachicardie ventricolari?

L’ablazione transcatetere mediante radiofrequenza delle tachicardie ventricolari presenta, come tutte le procedure invasive, un rischio se pure non elevato di complicazioni. Le complicazioni più frequenti sono quelle locali che comprendono un piccolo ematoma nella sede di introduzione dei cateteri, mentre, molto più rare sono le lesioni a carico dei vasi sanguigni o dei nervi che corrono nelle vicinanze dei vasi. Lesioni a carico dei vasi in prossimità del cuore o nel cuore stesso si verificano con una frequenza estremamente bassa. Più frequentemente le complicanze sono transitorie (ematoma lieve ad auto-assorbimento, dolore toracico transitorio) o comunque correggibili.

Esistono poi complicazioni più gravi e molto più rare , come l’induzione di aritmie emodinamicamente instabili, che richiedano un sostegno del circolo (attraverso ECMO) e manovre di rianimazione cardiopolmonare. In casi rarissimi è possibile che avvenga un perforazione del cuore, con una raccolta di sangue nel pericardio (emopericardio), che può richiedere un drenaggio (pericardiocentesi) o ancora più raramente un intervento cardiochirurgico.  Naturalmente il rischio di eventi avversi è più alto nei pazienti con cardiopatia strutturale rispetto ai pazienti in assenza di cardiopatia strutturale, dato il differente rischio clinico di base di tali pazienti.

In ogni caso nel nostro Centro, durante l’ablazione di tachicardia ventricolare sono sempre presenti oltre ai medici elettrofisiologi, anche medici anestesisti specialisti, e la procedura viene generalmente effettuata in sala ibrida (cioè una sala specificamente attrezzata nel caso sia necessario intervenire con ECMO o con eventuale procedura cardiochirurgica). 

In sintesi il rischio associato all’ablazione di tachicardia ventricolare è basso rispetto ai rischi dell’aritmia stessa, ed il vantaggio derivato dal suo impiego per il paziente è molto alto, dato che queste procedure sono spesso salvavita, e vengono condotte in pazienti non più responsivi alle terapie farmacologiche.





“Trattiamo le aritmie cardiache dallo studio dei geni all’ablazione transcatetere“