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I battiti prematuri (o extrasistolici) ventricolari (detti anche BEV, oppure PVC, premature ventriicular contraction) sono singoli impulsi ventricolari dovuti a un anomalo automatismo delle cellule ventricolari o alla presenza di circuiti di rientro nel ventricolo. Le extrasistoli ventricolari sono battiti isolate sono comuni di comune osservazione nella pratica clinica, e possono essere sintomatiche (dando come sintomo le palpitazioni) oppure asintomatiche. In questo caso il riscontro dell’aritmia è abitualmente casuale, per lo più in occasione di visite di screening. Nella maggior parte dei casi queste aritmie sono benigne e non necessitano di alcun intervento. In alcuni casi possono essere segnale di una patologia cardiaca, talora potenzialmente minacciosa, o possono essere associati (e in alcuni casi provocare) una disfunzione della contrazione del ventricolo sinistro.
La prevalenza delle extrasistoli ventricolari isolate in genere aumenta con l’età e con la presenza di patologie cardiache. Nei soggetti normali, extrasistoli ventricolari isolate si riscontrano in circa l’1% dei soggetti sottoposti a ECG standard. Tra i soggetti sani sottoposti a registrazione di ECG dinamico per 24-48h, circa nel 5% dei casi le extrasistoli possono essere piuttosto frequenti (>60 PVC per ora), spesso monomorfe (ossia di un’unica morfologia), più raramente polimorfe (di più morfologie). Le extrasistoli sono più frequenti nei pazienti con patologia cardiaca, specialmente cardiopatia ischemica, pregresso infarto miocardico, scompenso cardiaco, cardiomiopatia ipertensiva, cardiomiopatia ipertrofica, cardiomiopatia dilatativa, cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro, miocardio non compatto.
La prognosi delle extrasistoli ventricolari isolate dipende essenzialmente dalla presenza di cardiopatia strutturale o di eventuale canalopatia. Vari studi in letteratura confermano la natura benigna delle extrasistoli ventricolari isolate, anche frequente, nel cuore sano. Tuttavia, alcuni studi (ad esempio lo studio di Framingham) avevano rilevato che le extrasistoli ventricolari risultavano associate ad un aumentato rischio di morte cardiaca, infarto miocardico e morte per tutte le cause, ma le conclusioni di questi due studi sono state tuttavia criticate per l’assenza di indagini volte ad escludere la presenza di patologie cardiache strutturali e in particolare della cardiopatia ipertensiva. In effetti, diversi studi hanno dimostrato che esiste un’evidente correlazione tra extrasistolia ventricolare e prevalenza di cardiopatia ipertensiva, che spiega l’aumento della mortalità indipendentemente dalla presenza delle aritmie.
La prognosi delle extrasistoli ventricolari è anche funzione delle loro caratteristiche elettrocardiografiche, in particolare dalla numerosità, dall’intervallo di accoppiamento più breve (con fenomeno “R su T”), dalla presenza alle registrazioni Holter anche di run di tachicardia ventricolare non sostenuta ad alta frequenza, e dalla risposta all’esercizio fisico (test da sforzo) o in alcuni casi allo studio elettrofisiologico. La comparsa di extrasistoli ventricolari durante o subito dopo l’esercizio identifica un gruppo di soggetti a più alto rischio di sviluppare aritmie ventricolari maligne, associate o meno a cardiopatia strutturale.
Nel caso di pazienti portatori di patologia cardiaca, la prognosi è variabile in funzione del tipo e dalla gravità della eventuale cardiopatia. Pertanto, in caso di extrasistolia ventricolare frequente, va sempre esclusa la presenza di cardiopatia sottostante congenita o acquisita, strutturale o primariamente elettrica. In caso di assenza di cardiopatia strutturale, va quindi esclusa l’eventuale presenza di canalopatie, in particolare va esclusa la presenza del pattern di Brugada (suggestivo di sindrome di Brugada) e del prolungamento dell’intervallo QT (suggestivo di sindrome del QT lungo).
Nel caso di extrasistolia ventricolare frequente proveniente dal tratto di efflusso del ventricolo destro (RVOT), che rappresenta probabilmente la forma più frequente di extrasistolia ventricolare, in assenza di anomalie cardiache strutturali, la prognosi è in genere buona, anche se va esclusa con molta attenzione l’effettiva presenza di cardiomiopatia o displasia aritmogena del ventricolo destro (C/DAVD). In tal caso, oltre ai BEV con la tipica morfologia a blocco di branca sinistro a asse verticale (BBS), sono spesso presenti altre anomalie ECG, come ritardo di conduzione destra e anomalie della ripolarizzazione ventricolare nelle derivazioni precordiali anteriori.
Infine, l’extrasistolia ventricolare frequente può contribuire allo sviluppo di insufficienza cardiaca, sia in pazienti con disfunzione ventricolare sinistra, ma anche in soggetti con cuore strutturalmente normale. In particolare, pazienti con extrasistolia ventricolare frequente (>20% dei battiti totali) anche in assenza di cardiopatia strutturale nota, possono presentare una progressiva disfunzione ventricolare sinistra e una prevalenza di insufficienza. La correlazione tra extrasistolia ventricolare frequente e sviluppo di disfunzione ventricolare sinistra è poi avvalorata dal riscontro di un evidente miglioramento della funzione contrattile del ventricolo sinistro nei soggetti sottoposti ad ablazione efficace. Pertanto, nei soggetti con cuore strutturalmente normale ma con ectopie molto frequente è necessario sorvegliare la funzione del ventricolo sinistro e valutare l’eventuale indicazione a procedere ad ablazione transcatetere.
Il riscontro di extrasistolia ventricolare riscontrata in occasione di visita medico-sportiva ha implicazioni pratiche, in particolare legate alla concessione dell’idoneità per attività sportiva agonistica. Le extrasistoli ventricolari sono di frequente riscontro nello sportivo, con una prevalenza all’ECG dinamico di circa 2%, generalmente con una prognosi benigna. In genere si verifica la scomparsa o la riduzione delle aritmie dopo detraining, suggerendo che le extrasistoli ventricolari nello sportivo hanno un nesso causale con l’allenamento e perciò possono essere interpretate come espressione di un cuore d’atleta. Pertanto, in caso di extrasistolia ventricolare frequente in soggetti sportivi va effettuato lo screening per la ricerca di eventuale cardiopatia, e può essere consigliato un detraining per valutare l’andamento del tempo delle aritmie.
In caso di extrasistolia ventricolare, è necessario una valutazione completa che include l’anamnesi familiare (per escludere storia di sincopi o morte improvvisa), l’anamnesi personale (per valutare la storia di palpitazioni o sincopi, ed escludere la presenza di malattie non cardiache, incluso anemia o disturbi della tiroide, o l’utilizzo di sostanze stimolanti o stupefacenti), e l’acquisizione dell’ECG 12-derivazioni (per escludere segni di pregressa necrosi e anomalie della conduzione e della ripolarizzazione intraventricolare).
La diagnosi di extrasistolia ventricolare si basa sull’esecuzione di ECG dinamico secondo Holter, inizialmente di 24 ore, ed eventualmente più prolungato per valutare l’eventuale variabilità nei giorni successivi. ECG Holter permette di valutare la numerosità delle extrasistoli, la presenza di eventuali forme ripetitive (tachicardie ventricolari non sostenute), la presenza di eventuali fenomeni R-su-T, l’andamento circadiano delle extrasistoli. Tali caratteristiche hanno significato diagnostico e prognostico. Ad esempio, una elevata incidenza notturna di extrasistoli potrebbe suggerire la concomitante presenza di sindrome delle apnee del sonno. L’ECG Holter viene in genere ripetuto nel tempo per valutare la complessità e la variabilità delle aritmie, e l’eventuale comparsa di tachicardie ventricolari non sostenute.
Altri esami che vengono effettuati sono il test da sforzo (o test ergometrico) per valutare il comportamento delle extrasistoli ventricolari con lo sforzo, dato che la scomparsa delle aritmie durate lo sforzo (detta “overdrive suppression”) è considerato un segno di relativa benignità, viceversa un incremento della frequenza o della complessità delle extrasistoli con l’esercizio è considerato un segno prognostico negativo, indicativo di cardiopatia sottostante (ad esempio cardiopatia ischemica, o ipertensiva, cardiopatia aritmogena, incluso possibile tachicardia ventricolare catecolaminergica).
L’altro esame fondamentale è ecocardiografia, per escludere una cardiopatia organica e valutare la funzione miocardica e valvolare. In alcuni casi è poi indicato procedere all’esecuzione di esami di secondo livello, quali la risonanza magnetica cardiaca o eventualmente l’angioTAC coronarica o la coronarografia.
In caso di extrasistolia ventricolare anche frequente, molto spesso è sufficiente rassicurare il paziente, rendendolo certo della benignità della sua condizione e informandolo della variabilità delle aritmie, che possono ridursi e anche scomparire nel corso del tempo. Tra le terapie non farmacologiche è fondamentale la riduzione del consumo di sostanze eccitanti, in particolare della caffeina, del fumo, del consumo di alcolici o di eventuali stupefacenti (in particolare cocaina).
Vanno quindi corrette le condizioni favorenti non cardiache (quali anemia e patologie della tiroide). E’ poi importante l’adeguato controllo della pressione arteriosa, che rappresenta una delle cause più comuni di extrasistolia ventricolare frequente. Un’attenta analisi dell’ECG e una corretta valutazione clinico-strumentale sono quindi fondamentali per identificare i soggetti che necessitano di intervento terapeutico.
La terapia dell’extrasistolia ventricolare isolata nei soggetti con cardiopatia strutturale o cardiopatia aritmogena è quella della cardiopatia di base, e va quindi stabilità caso per caso.
Nel caso invece di extrasistolia ventricolare in cuore sano, non è generalmente necessaria una terapia antiaritmica, che va riservata a casi particolari, ad esempio in casi di sintomi molto disturbanti. In genere i farmaci di prima scelta sono i farmaci beta-bloccanti (bisoprololo, sotalolo o nadololo), che mostrano una discreta efficacia soprattutto nei pazienti che presentano una extrasistolia prevalentemente diurna, fenomeno suggestivo di un’iperattività adrenergica. Altri farmaci antiaritmici potenzialmente efficaci sono flecainide, propafenone e amiodarone, ma il loro utilizzo cronico è sconsigliato per i possibili effetti collaterali, anche potenzialmente proaritmici.
L’ablazione transcatetere è quindi da considerare nei pazienti in assenza di cardiopatia strutturale con ectopie molto frequenti, in particolare quando l’ecocardiogramma dimostra una tendenza verso una ridotta funzione ventricolare.
In sintesi, le extrasistoli ventricolari isolate sono di comune osservazione nella pratica clinica, sia in soggetti sintomatici che in soggetti asintomatici. In questi ultimi il riscontro dell’aritmia è spesso casuale, per lo più in occasione di visite di screening. Nella maggior parte dei casi queste aritmie sono benigne e non necessitano di alcun intervento. In alcuni casi esse sono invece il segnale di una patologia cardiaca aritmogena, talora potenzialmente minacciosa, o possono condurre a una disfunzione contrattile del ventricolo sinistro, e vanno pertanto studiate ed eventualmente adeguatamente trattate.
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