Aritmie Adulti /Pediatrici Archivi - AF-ABLATION

img-bg-portfolio-aritmie-1200x800-1200x800.jpg

Clicca qui per il testo completo
 
 
 
 
1. Santinelli V, Radinovic A, Manguso F, Vicedomini G, Gulletta S, G Paglino, Mazzone P, Ciconte G, Sacchi S, Sala S, Pappone C.
The natural history of asymptomatic ventricular preexcitation. A long-term prospective follow-up study of 184 asymptomatic children.
J Am Coll Cardiol. 2009; 53: 275-280.
Impact factor: 11.438
2. Santinelli V, Radinovic A, Manguso F, Vicedomini G, Ciconte G, Gulletta S, Paglino G, Sacchi S, Sala S, Ciaccio C, Pappone C.
Asymptomatic ventricular preexcitation: A long-term prospective follow-up study of 293 adult patients.
Circ Arrhythmia Electrophysiol 2009; 2:102-107.
3. Pappone C and Santinelli V.
Remote ablation of accessory pathways.
Eur Heart J.2008 Feb; 29 (3): 422.
Impact Factor: 8.917
4. Pappone C, Radinovic A and Santinelli V.
Sudden death and ventricular preexcitation: is necessary to treat the asymptomatic patients?
Curr Pharmac Design. 2008; 14 (8) 762-765.
Impact factor 4.399
5. Triedman J, Perry J, Van Hare G, Pappone C, Santinelli V.
Risk Stratification for Prophylactic Ablation in Asymptomatic Wolff–Parkinson–White Sindrome.
The N ew England Journal of Medicine 2005; 352(1): 92-93.
Impact Factor: 50.017
6. Pappone C and Santinelli V.
Catheter ablation should be performed in asymptomatic patients with Wolff-Parkinson-White syndrome.
Circulation. 2005 Oct 4;112(14):2207- 2215.
Impact factor: 14.595
7. Pappone C, Santinelli V, Rosanio S, Vicedomini G, Nardi S, Pappone A, Tortoriello
V, Manguso F, Mazzone P, Gulletta S, Oreto G, Alfieri O.
Usefulness of invasive electrophysiologic testing to stratify the risk of arrhithmic events in asymptomatic patients with Wolff-Parkinson-White Pattern. Results from a large prospective longterm follow-up.study.
J Am Coll Cardiol. 2003; 41, 2: 239-244.
Impact factor: 11.438
8. Pappone C, Santinelli V, Manguso F, Augello G, Santinelli O, Vicedomini G, Gulletta
G, Mazzone P, Tortoriello V, Pappone A, Dicandia C, and Rosanio S.
A Randomized Study of Prophylactic Catheter Ablation in Asymptomatic Patients with the Wolff–Parkinson–White Syndrome.
The N ew England Journal of Medicine 2003 Nov 6; 349:1803-1811.
Impact factor: 50.017
9. Pappone C, Stabile G, Oreto G, De Simone A, Rillo M, Mazzone P, Cappato R, Chierchia S
Inappropriate sinus tachycardia after radiofrequency ablation of para- Hisian accessory pathways.
J Cardiovasc Electrophysiol. 1997 Dec; 8 (12): 1357-1365.
Impact factor: 3.798
10. Pappone C, Lamberti F, Stabile G, De Simone A, Santomauro M, Turco P, Senatore G,
ChiarielloM.
Radiofrequency ablation in Wolff-Parkinson-White syndrome: Criteria for identification of ideal ablation sites.
New Trends in Arrhythmias 1993; 9 (3): 393

img-bg-portfolio-aritmie-1200x800-1200x800.jpg

Il cuore si contrae grazie a strutture cellulari specializzate che generano impulsi elettrici e ne regolano la distribuzione nel cuore stesso.In condizioni normali l’impulso elettrico origina nel nodo seno atriale, si propaga negli atri e raggiunge il nodo atrio-ventricolare, che è la sola via di comunicazione elettrica tra atri e ventricoli; da qui l’impulso passa al fascio di His e al sistema di conduzione intraventricolare.

Introduzione

La tachicardia da rientro nodale (TRN) è il tipo più comune di tachicardia sopraventricolare (SVT), spesso viene anche descritta con il termine aspecifico di tachicardia parossistica sopraventricolare. Con il miglioramento nelle conoscenze della elettrofisiologia sono state proposte nomenclature più specifiche basate sul meccanismo di rientro. La TRN rappresenta il  60% di tutte le tachicardie sopraventricolari  mostrando una prevalenza più accentuata nei giovani adulti e nel sesso femminile.

 

 

Presentazione clinica

La tachicardia da rientro nodale è caratterizzata da episodi aritmici ad insorgenza e remissione improvvisa. Gli episodi hanno una durata variabile da pochi secondi a giorni ed in assenza di altre patologie cardiache che ne compromettano la  funzionalità solitamente è ben tollerata. I sintomi più comuni includono palpitazioni, nervosismo, ansia, stordimento,vetigini, dolore toracico e dispnea. Una poliuria può verificarsi dopo la cessazione dell’aritmia a causa del rilascio di fattore natriuretico atriale. Sebbene generalmente abbia un decorso benigno, La TRN può causare o peggiorare l’insufficienza cardiaca nei pazienti con ridotta funzione ventricolare sinistra nonchè causare angina o infarto miocardico nei pazienti con malattia coronarica. La Sincope può verificarsi in pazienti con una risposta ventricolare molto rapida o con  tachicardia prolungata a causa della scarsa riempimento ventricolare con conseguente riduzione della gittata cardiaca, ipotensione e ridotta perfusione cerebrale. Essa tuttavia può verificarsi anche a causa di una  asistolia transitoria al termine della tachicardia, dovuta alla depressione del nodo del seno indotta dalla tachicardia.

Fisiopatologia

Il nodo AV nei pazienti affetti da TRN si comporta funzionalmente come se  fosse costituito da due vie distinte attraverso le quali l’impulso può viaggiare. Le due vie (alfa e beta) si differenziano tra di loro per le loro caratteristiche elettrofisiologiche. La via alfa o lenta di solito ha un periodo refrattario effettivo (ERP) relativamente breve e conduce lentamente. La via beta o rapida ha invece un periodo refrattario effettivo relativamente lungo e una velocità di conduzione maggiore. Questa condizione è nota come duplicità di conduzione nodale.  Nei pazienti con duplicità di conduzione nodale un normale battito sinusale verrà condotto ai ventricoli attraverso la via beta o rapida del nodo AV, dato che questa conduce più rapidamente della via alfa. Diversamente un impulso atriale sufficientemente precoce può giungere al nodo AV quando la via beta o rapida è ancora refrattaria per effetto della conduzione dal battito precedente e può pertanto essere condotto ai ventricoli solo attraverso la via alfa o lenta. L’impulso in questo caso verrà condotto attraverso il nodo AV con un modesto ritardo rispetto ad un battito normale per effetto della minore velocità di conduzione della via beta o lenta. Questo fenomeno si manifesta sull’ ECG di superficie con prolungamento dell’intervallo PR successivo ad un’extrasistole atriale. Se il ritardo nella propagazione dell’impulso prodotto dalla conduzione attraverso la via lenta è tale per cui questo raggiunge la porzione distale del nodo quando la via beta o rapida ha recuperato la capacità di condurre (i.e. ha raggiunto la fine del periodo refrattario ) potrà percorrere in via retrograda la via rapida dando origine ad un battito eco atriale. Tale battito eco può comportarsi  come l’impulso atriale iniziale e ripetere il ciclo di conduzione in senso anterogrado attraverso la via  lenta e in senso retrogrado attraverso la via  rapida dando origine ad un meccanismo di rientro attraverso il nodo AV.

Terapia

La gestione di un attacco acuto dipende dalla sintomatologia, dalla presenza di patologie cardiache nonché dalla evoluzione dei precedenti episodi aritmici. Il semplice riposo, la rassicurazione del paziente e la sedazione possono far terminare l’aritmia. In ogni caso prima di approcciare la terapia farmacologica bisognerebbe provare alcune manovre vagali ( massaggio del seno carotideo, immersione del viso in acqua fredda, manovra di Valsalva). Talvolta tuttavia le manovre vagali non sono di così semplice attuazione ed inoltre non dovrebbero essere tentate in caso di ipotensione. I farmaci che possono essere utilizzati per terminare un episodio aritmico includono adenosina, calcio-antagonisti, betabloccanti e digitale. La cardioversione elettrica trova applicazione in caso di compromissione dello stato emodinamico del paziente o nel caso in cui la cardioversione farmacologica non abbia avuto successo. Anche il pacing competitivo atriale o ventricolare può essere utile in particolare quando la cardioversione elettrica è controindicata ( ad esempio quando sono state somministrate alte dosi di digitale). La terapia profilattica si rende necessaria nel caso in cui il paziente sia molto sintomatico o gli episodi siano molto frequenti e prolungati. Attualmente tuttavia il gold standard per la terapia della TRN è costituito dalla ablazione trans catetere mediante radiofrequenze.

 

Ablazione transcatetere mediante radiofrequenze

Il nodo atrioventricolare si forma per coalescenza di due fasci di fibre atriali. Questi due fasci non solo hanno proprietà elettrofisiologiche differenti ma sembrano essere due strutture anatomiche distinte; il tratto anteriore corrisponde alla via rapida mentre il tratto posteriore corrisponde alla via lenta. Per meglio visualizzare queste due vie è molto importante conoscere l’anatomia del triangolo di Koch.

I tre lati del triangolo sono delimitati dall’annulus tricuspidalico ( la porzione dell’annulus adiacente alla cuspide settale), il tendine di Todaro e l’ostio del seno coronarico. Il fascio di His è localizzato all’apice del triangolo . E’ importante sapere che l’apice del triangolo di Koch ( dove si trova il nodo AV e il fascio di His) è una struttura anteriore mentre il seno coronarico è posteriore e definisce la porzione posteriore del setto atriale. Nei pazienti con TRN la via lenta e la via rapida possono essere immaginate come due fasci di fibre atriali: la via rapida è anteriore e superiore ed è localizzata lungo il tendine di Todaro; la via lenta è posteriore ed inferiore e si localizza lungo l’annulus tricuspidalico vicino l’ostio del seno coronarico. Poiché queste due vie sono ben identificabili esse possono essere sottoposte alla procedura d’ablazione. Inizialmente il target dell’ablazione era costituito dalla via rapida, ma essendo questa una struttura anteriore e molto vicina al nodo AV ed al fascio di His si complicava in ca il 20% dei casi con un blocco AV completo. Il target quindi si è spostato sulla via lenta che essendo posteriore e più lontana da strutture sensibili mostra una margine di sicurezza maggiore ( il blocco AV completo in questo caso è descritto in meno dell1% dei casi) . Per l’ablazione della via lenta sono possibili due diversi approccio: tramite mappaggio elettrofisiologico o anatomico. In entrambi i casi vengono prima identificati i limiti anatomici del triangolo di Koch posizionando un catetere sull’His ed uno nel Seno coronarico. Il catetere ablatore viene  poi fatto avanzare attraverso la vena femorale fino all’annulus tricuspidali coi in prossimità dell’ostio del CS. Nel caso in cui si voglia procedere al mappaggio della via lenta il catetere ablatore viene mosso accuratamente lungo l’annulus tricuspidalico alla ricerca del potenziale di via lenta che rappresenta la depolarizzazione della stessa. Nell’ ECG endocavitario il potenziale di via lenta si localizza tra la deflessione atriale e la deflessione ventricolare. Quando il potenziale di via lenta viene identificato vengono erogate RF in prossimità di tale sito. In caso di approccio anatomico invece vengono utilizzati i soli reperi fluoroscopici.

Generalmente la porzione di annulus tricuspidalico compresa tra l’ostio del seno coronarico ed il fascio di His viene suddivisa in tre segmenti: posteriore ( vicino all’ostio del seno coronarico); medio; anteriore (vicino al fascio di His). Il catetere viene posizionato lungo la valvola tricuspide e fatto scorrere finchè non vengono registrati il potenziale atriale e quello ventricolare con la deflessione atriale più grande della deflessione ventricolare. A questo punto vengono erogate radiofrequenze e generalmente se la posizione del catetere è corretta è possibile osservare dei battiti giunzionali o una tachicardia giunzionale. Se dopo 10 o 15 secondi di RF non compaiono battiti giunzionali è bene interrompere l’erogazione e cambiare la posizione del catetere ablatore. Se al contrario compaiono i battiti giunzionali è bene erogare RF per altri 30-60 sec. Il successo dell’ablazione è documentato dalla impossibilità di indurre l’aritmia allo studio elettrofisiologico di controllo.

Il cuore si contrae grazie a strutture cellulari specializzate che generano impulsi elettrici e ne regolano la distribuzione nel cuore stesso.In condizioni normali l’impulso elettrico origina nel nodo seno atriale, si propaga negli atri e raggiunge il nodo atrio-ventricolare, che è la sola via di comunicazione elettrica tra atri e ventricoli; da qui l’impulso passa al fascio di His e al sistema di conduzione intraventricolare.

 

Articoli correlati:

Paroxysmal Supraventricular Tachycardia Caused by 1:2 Atrioventricular Conduction in the Presence Of Dual Atrioventricular Nodal Pathways

Aureliano Fraticelli, Gabriele Saccomanno, Carlo Pappone and Giuseppe Oreto
Journal of Electrocardiology Vol. 32 No. 4 1999

img-bg-portfolio-aritmie-1200x800-1200x800.jpg

Clicca qui per il testo completo

Articoli Correlati

 1  Mesas CE, Pappone C, Lang CC, Gugliotta F, Tomita T, Vicedomini G, Sala S, Paglino G, Gulletta S, Ferro A, Santinelli V.
Left atrial tachycardia after circumferential pulmonary vein ablation for atrial fibrillation: Electroanatomic characterization and treatment.
J Am Coll Cardiol. 2004 Sept 1; 44 (5): 1071-1079.
Impact Factor 11.438
 
2  Pappone C, Stabile G, De Simone A, Senatore G, Turco P, Damiano M, Iorio D, Spampanato N, Chiariello M.
Role of Catheter-Induced Mechanical Trauma in Localization of Target Sites of Radiofrequency Ablation in Automatic Atrial Tachycardia.
J Am Coll Cardiol 1996 Apr; 27 (5);1090-1097.
Impact factor: 11.438

img-bg-portfolio-aritmie-1200x800-1200x800.jpg

Il cuore si contrae grazie a strutture cellulari specializzate che generano impulsi elettrici e ne regolano la distribuzione nel cuore stesso.
In condizioni normali l’impulso elettrico origina nel nodo seno atriale, si propaga negli atri e raggiunge il nodo atrio-ventricolare, che è la sola via di comunicazione elettrica tra atri e ventricoli; da qui l’impulso passa al fascio di His e al sistema di conduzione intraventricolare.

COSA E’?

La fibrillazione atriale è un’aritmia sopraventricolare, la cui diagnosi elettrocardiografica è basata sui seguenti elementi:

1. assenza di onde P;

2. irregolarità degli intervalli R-R.

Nella fibrillazione atriale l’attivazione degli atri è caotica e continuamente variabile, per cui le onde P scompaiono e vengono sostituite da piccole onde dette onde f. Le onde f sono del tutto irregolari, presentano continue variazioni di morfologia, di voltaggio e degli intervalli f-f, hanno frequenza molto elevata (400-600 batt/min) e durano per tutto il ciclo cardiaco (sono continue) determinando un aspetto frastagliato dell’isoelettrica.

Nella fibrillazione atriale un gran numero d’impulsi atriali raggiunge la giunzione atrio-ventricolare (AV), ma solo una parte di questi raggiunge poi il ventricolo. Il nodo AV esercita una funzione di filtro: numerosi impulsi penetrano, infatti, solo parzialmente nel nodo e si bloccano all’interno di esso. Quest’irregolarità della conduzione AV fa sì che gli intervalli R-R siano variabili.

[wp_youtube]VKxQgjj2yVU[/wp_youtube].

Il continuo variare dei cicli ventricolari costituisce l’elemento cardine nella diagnosi di fibrillazione atriale, tanto che quando l’aritmia si manifesta con intervalli R-R costanti occorre ricercare un’altra causa oltre alla fibrillazione.

Classificazione

-Fibrillazione atriale parossistica: forma caratterizzata dall’interruzione spontanea dell’aritmia, generalmente entro 7 giorni, per lo più entro 24-48 ore;

-Fibrillazione atriale persistente: l’aritmia (indipendentemente dalla sua durata) non si interrompe

spontaneamente ma solo con interventi terapeutici (farmacologici od elettrici);

-Fibrillazione atriale permanente o cronica: forma nella quale non sono stati effettuati tentativi di interruzione dell’aritmia o, se sono stati effettuati, non hanno avuto successo per mancato ripristino del ritmo sinusale o per immediata recidiva, o nella quale non si ritengono indicati ulteriori tentativi di cardioversione.

Aspetti generali e clinici

La prevalenza della fibrillazione atriale nella popolazione generale viene riportata essere, a seconda dei diversi studi, dello 0.5 – 1%. Nel recente studio nordamericano ATRIA la prevalenza e stata dello 0.95%, e nello studio inglese di Stewart dello 0.9%. La prevalenza appare relativamente bassa nei soggetti giovani ed aumenta progressivamente con l’avanzare dell’eta. Nello studio ATRIA la prevalenza e stata dello 0.1% nei soggetti di eta <55 anni e del 9% nei soggetti di eta >80 anni;(46) nello studio di Framingham, 0.5% nella fascia di eta tra 50 e 59 anni, 1.8% nella fascia tra 60 e 69, 4.8% nella fascia tra 70 e 79 e 8.8% nella fascia tra 80 e 89.

 

Il 70% dei pazienti affetti da fibrillazione atriale ha piu di 65 anni con un’eta mediana di 75 anni. Inoltre, la prevalenza appare maggiore negli uomini rispetto alle donne in tutte le fasce d’eta: 1.1% verso 0.8%, nello studio ATRIA. In Italia non ci sono dati nazionali certi circa la prevalenza della fibrillazione atriale. Se ci si riferisce ai dati della letteratura internazionale (prevalenza nella popolazione generale variabile tra 0.5% e 1%), si puo calcolare che il numero dei pazienti affetti da fibrillazione atriale nel nostro Paese (57 milioni d’abitanti) oscilli tra 285.000 e 570.000. La prevalenza e cresciuta progressivamente nel tempo ed e destinata ad aumentare ulteriormente nei prossimi anni, dato il rapido invecchiamento della popolazione ed il numero crescente di soggetti d’eta superiore ai 65 anni.

 

Eziopatogenesi

Per quanto riguarda l’eziopatogenesi, la fibrillazione atriale puo essere primitiva o secondaria. La fibrillazione atriale primitiva o idiopatica o isolata (“lone”) e quella non associata a cardiopatia organica o ad altra situazione clinica, in qualche modo correlabile all’aritmia (broncopneumopatia, ipertiroidismo ecc). La prevalenza della fibrillazione atriale primitiva e variabile dal 2% al 31%. La fibrillazione atriale secondaria, al contrario, e quella in cui e ben identificabile una causa responsabile dell’aritmia o una condizione favorente.

Tra i fattori che predispongono alla fibrillazione atriale sono da citare l’ipertensione arteriosa (presente in circa il 50% dei casi), il diabete mellito e l’insufficienza cardiaca.

Sintomatologia

La fibrillazione atriale e spesso associata a sintomi, i piu frequenti dei quali sono, in ordine decrescente nello studio ALFA, palpitazioni (54.1%), dispnea (44.4%), affaticabilita (14.3%), sincope (10.4%) e dolore toracico (10.1%). Le palpitazioni prevalgono nella forma parossistica (79%) e la dispnea in quella cronica ed in quella di recente insorgenza (46.8% e 58%, rispettivamente). Oltre che sintomatica, la fibrillazione atriale puo anche essere asintomatica o silente, rappresentando un reperto occasionale all’ECG standard in circa il 20% dei casi.

Prognosi

Le conseguenze emodinamiche e il rimodellamento indotti dalla fibrillazione atriale si traducono, in termini clinici, in una riduzione della qualita di vita per la comparsa di disturbi soggettivi importanti, in un aumento della mortalita cardiovascolare, in una maggiore incidenza di complicanze tromboemboliche e nella possibile comparsa di tachicardiomiopatia.

La qualita di vita e nettamente ridotta nei soggetti con fibrillazione atriale rispetto ai soggetti di controllo, con un punteggio piu basso del 16% – 30% di tutti i parametri comunemente presi in esame (stato di salute generale, funzioni fisiche, vitalita, stato mentale, funzioni emotive, ruolo sociale, dolore fisico).

Il Trattamento

Il trattamento di un paziente con fibrillazione atriale richiede innanzitutto una conoscenza degli aspetti di presentazione dell’aritmia (parossistica, persistente, cronica), primo evento o recidiva, sintomatica o asintomatica, e della situazione clinica di base. Solo successivamente possono essere prese decisioni riguardo all’opportunità o meno di un tentativo di ripristino del ritmo sinusale, le modalità per effettuare il ripristino del ritmo sinusale e per il suo successivo mantenimento. Al primo riscontro di fibrillazione atriale, anche se asintomatica, è generalmente indicato almeno un tentativo di ripristino del ritmo sinusale, compatibilmente con l’età del paziente e la presenza di copatologie. Se l’aritmia è di recente insorgenza e in assenza d’importante cardiopatia la prima scelta terapeutica per il ripristino del ritmo sinusale è costituita dai farmaci antiaritmici. In caso di durata maggiore dell’aritmia, o di cardiopatia importante in atto, o d’instabilità emodinamica, la prima scelta terapeutica diventa invece la cardioversione elettrica. Indipendentemente dalla tecnica usata per il ripristino del ritmo sinusale dovrà essere posta grande attenzione al rispetto dei protocolli per la prevenzione del rischio tromboembolico, valutando in particolare la durata dell’aritmia e la cardiopatia di base. Dopo il ripristino del ritmo sinusale, in molti casi non è necessaria alcuna profilassi delle recidive (es. fibrillazione atriale da causa correggibile, o primo episodio di breve durata ed emodinamicamente ben tollerato). Se, invece, in base al quadro clinico la profilassi viene considerata opportuna, il primo step terapeutico è generalmente costituito dai farmaci antiaritmici, assunti al bisogno o in cronico. In caso d’inefficacia o intolleranza ai farmaci debbono essere prese in considerazione o la cronicizzazione della fibrillazione atriale o il ricorso a metodiche invasive nei casi invalidati dall’aritmia.

Articoli Correlati:

1.      Pappone C, Radinovic A, Manguso F, Vicedomini G, Ciconte G, Sacchi S, Mazzone P, Paglino G, Gulletta S, Sala S, Santinelli V.
Atrial fibrillation progression and management: a 5-year prospective follow-up study.
Heart Rhythm. 2008; 5 (11): 1501-1507.
2.      Pappone C and Santinelli V.
Ablation of atrial fibrillation.
Eur Cardiovasc Disease. 2008; 4 (1): 96-98
3.      Pappone C. and Santinelli V.
Safety and efficacy of remote magnetic ablation for atrial fibrillation  
J Am Coll Cardiol. 2008;51: 1614-1615.
4.      Pappone C, Augello G, Gugliotta F, Santinelli V.
Robotic and magnetic navigation for atrial fibrillation ablation. How and why?
Expert Rev Med Devices. 2007 Nov;4(6):885-894.
5.      Pappone C and Santinelli V.
Remote navigation and ablation of atrial fibrillation.
J Cardiovasc Electr 2007; 18: S18-S20. Suppl 1.
6.      Pappone C and Santinelli V.
Mapping and ablation: a worldwide perspective.
J. Interv. Card. Electr. 2006 Dec; 17 (3):195-198.
7.      Pappone C, Vicedomini G, Manguso F, Mazzone P, Gugliotta F, Sala S, Sora N, Paglino G, Gulletta S, Ciaccio C, Tortoriello V, Del Torchio S, Santinelli V.
Robotic Magnetic Navigation for Atrial Fibrillation Ablation.
J Am Coll Cardiol. 2006 Apr 7;47 (7): 1390-400.
8.      Oral H, Pappone C, Chugh A, Good E, Bogun F, Pelosi F, Bates E , Lehmann M, Vicedomini G, Augello G, Agricola E, Sala S, Santinelli V, Morady F.
Circumferential pulmonary vein ablation for chronic atrial fibrillation: a randomized, controlled study.
The New England Journal of Medicine 2006 Mar 2;354(9):934-941.
9.      Oral H, Pappone C, Morady F.
Circumferential pulmonary vein ablation for chronic atrial fibrillation – Reply.
The New England Journal of Medicine 2006 Mar 2;354 (21): 2290-2291.
10.  Pappone C, Santinelli V.
Substrate ablation in treatment of atrial fibrillation.
J Cardiovasc Electr 2006 17: S23-S27, Suppl: 3.
11.   Pappone C and Santinelli V.
How to perform encircling ablation of the left atrium.
Heart Rhythm. 2006 Sep; 3 (9) :1105-1109.
12.  Pappone C, Santinelli V.
Multielectrode basket catheter: A new tool for curing atrial fibrillation.
Heart Rhythm 2006 Apr; 3(4):385-386.
13.  Pappone C, Santinelli V.
Ablation of atrial fibrillation.
Curr Cardiol Rep. 2006 Sep;8(5):343-6.
14.  Lang CC, Gugliotta F, Santinelli V, Mesas C, Tomita T, Vicedomini G, Augello G, Gulletta S, Mazzone P, De Cobelli F, Del Maschio A, Pappone C.
Endocardial impedance mapping during circumferential pulmonary vein ablation of atrial fibrillation differentiates between atrial and venous tissue.
Heart Rhythm. 2006 Feb; 3 (2): 171-178
15.  Mesas C.E, Augello G, Edward Lang,C.C, Gugliotta F, Vicedomini, G, Sora N, De Paola A.A.V, Pappone C.
Electroanatomic remodeling of the left atrium in patients undergoing repeat pulmonary vein ablation: Mechanistic insights and implications for ablation.
J Cardiovasc Electr. 2006, Dec; 17 (12): 1279-1285.
16.  Pappone C, Augello A, Sala S, Gugliotta F, Vicedomini G, Gulletta S, Paglino G, Mazzone P, Sora N, Greiss I, Santagostino A, LiVolsi L, Pappone N, Radinovic A, Manguso F and Santinelli V.
A Randomized Trial of Circumferential Pulmonary Vein Ablation versus Antiarrhythmic Drug Therapy in Paroxysmal Atrial Fibrillation. The Ablation for Paroxysmal Atrial Fibrillation (APAF) Study.
J Am Coll Cardiol. 2006 Dec 5 ;48:2340-2347.
17.  Lang CC, Santinelli V, Augello G, Gulleta S, Sala S, Vicedomini G, Mazzone P, Pappone C
Transcatheter Radiofrequency Ablation of atrial fibrillation in patients with mitral valve prosthetes and enlarged atria:safety, feasibility and efficacy.
J Am Coll Cardiol. 2005 Mar 15; 45 (6):868–872.
18.  Pappone C and Santinelli V.
Towards a unified strategy for Atrial Fibrillation?
Eur Heart J. 2005; Aug;26(16):1687-1688.
19.  Shanmugam G, Pappone C, Santinelli V.
Catheter ablation after mitral replacement Reply.
J Am Coll Cardiol. 2005 Aug 16;46(4):739-740.
20.  Pappone C and Santinelli V.
Catheter ablation should be performed in asymptomatic patients with Wolff-Parkinson-White syndrome.
Circulation. 2005 Oct 4;112(14):2207- 2215.
21.  Pappone C and Santinelli V.
Atrial fibrillation ablation: a realistic alternative to pharmacologic therapy.
Nat Clin Pract Cardiovasc Med. 2005 Dec;2(12):608-609.
22.  Pappone C and Santinelli V.
Atrial fibrillation ablation: state of the art.
Am J Cardiol. 2005 Dec 19; 96(12 A): 59-64.
23.  Pappone C, Santinelli V, Manguso F, Vicedomini G, Gugliotta F, Augello G, Mazzone P, Tortoriello V, Landoni G, Zangrillo A, Lang C, Tomita T, Mesas C, Mastella E, Alfieri O.
Pulmonary vein denervation enhances long-term benefit after circumferential ablation for paroxysmal atrial fibrillation
Circulation. 2004 Jan 27; 109 (3): 327-334.
24.   Pappone C, Oral H, Santinelli V, Vicedomini G, Lang CC, Manguso F, Torracca L, Benussi S, Alfieri O, Hong R, Lau W, Hirata K, Shikuma N, Hall B, Morady F.
Atrioesophageal fistula as a complication of percutaneous transcatheter ablation of atrial fibrillation.
Circulation. 2004 Jun 8:109 (22):2724-26.
25.  Mesas CE, Pappone C, Lang CC, Gugliotta F, Tomita T, Vicedomini G, Sala S, Paglino G, Gulletta S, Ferro A, Santinelli V.
Left atrial tachycardia after circumferential pulmonary vein ablation for atrial fibrillation: Electroanatomic characterization and treatment.
J Am Coll Cardiol. 2004 Sept 1; 44 (5): 1071-1079.
26.  Pappone C and Santinelli V.
Prevention of Atrial Fibrillation: How important is transseptal atrial conduction in humans?
J Cardiovasc Electr. 2004 Oct; 15(10): 1118- 1119.
27.  Pappone C and Santinelli V.
The who, what, why, and how-to guide for circumferential pulmonary vein ablation.
J Cardiovasc Electrophysiol. 2004 Oct; 15 (10):1226-1230.
28.  Pappone C, Vicedomini G and Santinelli V.
Prevention of Iatrogenic Atrial Tachycardia following ablation of Atrial Fibrillation. A prospective randomized study comparing circumferential pulmonary vein ablation with a modified approach.
Circulation. 2004 Nov 9; 110 (19): 3036-3042.
29.  Pappone C, Santinelli V.
Segmental pulmonary vein isolation versus the circumferential approach: Is the tide turning? Heart Rhythm 2004; 1 (3): 326-328.
Impact Factor: 4.444
30.  Pappone C,
Pulmonary Vein Stenosis after Catheter Ablation for Atrial Fibrillation.
J Cardiovasc Electrophysiol 2003 Feb; 14 (2): 165-167.
31.  Pappone C, Rosanio S.
Evolution of non-pharmacological curative therapy for atrial fibrillation. Where do we stand today?
Int J Cardiol. 2003 Apr; 88: 135-142.
32.  Pappone C, Rosanio S, Augello G, Gallus G, Vicedomini G, Mazzone P, Gulletta S, Gugliotta F, Pappone A, Santinelli V, Tortoriello V, Sala S, Zangrillo A, Crescenzi G, Benussi S, Alfieri O.
Mortality, Morbidity and Quality of Life after Circumferential Pulmonary Vein Ablation for Atrial Fibrillation. Outcomes from a Controlled not Randomized Long-Term Study.
J Am Coll Cardiol. 2003 Jul 16; 42 (2):185-197.
33.  Pappone C,
Atrial fibrillation – a curable condition?
Eur Heart J. 2002 23(7):514-517.
34.  Pappone C, Oreto G, Rosanio S, Vicedomini G, Tocchi M, Gugliotta F, Salvati A, Dicandia C, Calabro MP, Mazzone P, Ficarra E, Di Gioia C, Gulletta S, Nardi S, Santinelli V, Benussi S, Alfieri O.
Atrial electroanatomic remodeling after circumferential radiofrequency pulmonary vein ablation.
Circulation. 2001; 104 (21):2539-2544, 2001.
35.  Pappone C, Rosanio S, Oreto G, Tocchi M, Salvati A, Dicandia C, Mazzone P, Santinelli V, Gulletta S, Vicedomini G.
Circumferential Radiofrequency Ablation of Pulmonary Vein Ostia: A New Anatomic Approach for Curing Atrial Fibrillation.
Circulation. 2000 Nov 21; 102 (21): 2619-2628.
36.   Pappone C, Oreto G, Lamberti F, Vicedomini G, Loricchio ML, Shpun S, Rillo M, Calabro MP, Conversano A, Ben-Haim SA, Cappato R, Chierchia S.
Catheter ablation of paroxysmal atrial fibrillation using a 3D mapping system.
Circulation. 1999 Sept 14; 100 (11):1203-1208.

img-bg-portfolio-aritmie-1200x800-1200x800.jpg

Introduzione

Sin da quando fu introddotta come  nuova entità clinica da Josep e Pedro Brugada nel 1992, la sindrome di Brugada ha suscitato grande interesse sia per la sua alta incidenza in alcune parti del mondo sia perché associata ad un incrementato rischio di morte cardiaca improvvisa in particolare nei maschi nella terza e quarta decade di vita. In quest’ultimi anni c’è stato un drammatico aumento nel numero di casi riportati ed una grande proliferazione di pubblicazioni scientifiche sull’argomento. Una prima consensus conference tenutasi nel 2002 ha definito i criteri diagnostici per la sindrome, una seconda C.C. nel 2005 ha posto attenzione sulla stratificazione del rischio e sulle terapie.

 

Criteri diagnostici

Caratterizzata da un sopraslivellamento del tratto ST nelle derivazioni precordiali destre e da un aumentata incidenza di morte cardiaca improvvisa in pazienti con cuore strutturalmente sano, la sindrome di Brugada generalmente dà manifestazione di se nell’età adulta. La media dell’età alla quale viene posta diagnosi è di 40 aa± 22. Poiché il pattern  elettrocardiografico è caratterizzato da una certa dinamicità di presentazione e spesso è occulto, è molto difficile stimare quale sia la sua reale prevalenza nella popolazione generale. La prevalenza della sindrome di Brugada comunque nella popolazione mondiale non sembra superare 1-5 casi /10000. La frequenza è più bassa nei paesi occidentali e più alta nel Sud-Est asiatico specialmente in Tailandia e nelle Filippine dove la sindrome di Brugada è considerata la causa principale di morte improvvisa in giovani individui. In questi paesi, la sindrome è spesso definita come SUNDS (sudden unexplained nocturnal death syndrome).

Sono stati riconosciuti 3 pattern elettrocardiografici: Il tipo 1 è il pattern più evidente ed ovvio. E’ caratterizzato da V1 a V3 ( ma anche una sola derivazione è sufficiente) da una positività terminale del QRS (onda J) dalla quale si origina una larga onda a tenda, che rappresenta l’ST sopraslivellato; tale ST si può definire convesso superiormente, ma ha spesso l’aspetto di una linea retta obliqua che lentamente si porta verso l’isoelettrica , continuandosi poi insensibilmente con una T negativa. Nei tipi 2 e 3, al contrario, l’ST è concavo superiormente; la positività terminale del QRS  (onda J) è di minore voltaggio che nel tipo 1 e inoltre più breve è il tragitto discendente dell’ST dal punto più elevato dell’onda J, mentre l’onda T è positiva o prevalentemente positiva. Per definizione il tipo 2 ha un sopraslivellamento di ST di 1 mm o più mentre il tipo 3 un’elevazione di ST minore di 1 mm. La polarità della T (negativa, positiva, isoelettrica) va analizzata solo nelle derivazioni in cui l’onda J è ben evidente. In ogni caso il voltaggio dell’onda J deve essere 2 mm o più per consentire la diagnosi. I tre tipi sopra descritti non corrispondono a differenti entità cliniche: è possibile riscontrare diverse morfologie in diverse derivazioni in uno stesso soggetto  ed inoltre esiste in molti soggetti una notevole variabilità del quadro nel tempo, con transizione da un tipo all’altro e possibile scomparsa del segno di Brugada con normalizzazione dell’ECG. La somministrazione di farmaci bloccanti i canali del sodio accentua di solito le alterazioni dell’ECG e provoca la transizione dal tipo 2 o 3 al tipo 1. l’intervallo QTc è di solito normale ma risulta prolungato nelle derivazioni precordiali destre, specialmente dopo somministrazione di flecainide; questo dato non è sorprendente poiché alla base del fenomeno di Brugada vi è un allungamento del potenziale d’azione nelle cellule del tratto d’efflusso del ventricolo destro. E’ stato anche osservato che in alcuni casi di sindrome del QT lungo congenito tipo III la somministrazione di flecainide ha provocato la comparsa di un caratteristico segno di Brugada. Poiché le due affezioni (Brugada e LQTS3) possono entrambe dipendere da un’anomalia del gene SCN5A, non è impossibile la loro coesistenza in uno stesso individuo. Oltre al classico fenomeno di Brugada in cui il sopraslivellamento dell’ST e l’onda J compaiono nelle derivazioni precordiali destre, sono stati descritti casi in cui le alterazioni si manifestavano nelle derivazioni laterali o inferiori. È stata anche identificata una particolare mutazione del gene SCN5A associata a questo tipo di manifestazioni. In un caso era evidente non solo il sopraslivellamento del tratto ST e la T negativa in D2, D3, e AVF ma anche un rallentamento preterminale dell’onda R nelle stesse derivazioni; in questo paziente la morte improvvisa , registrata all’Holter-ECG era stata determinata non da fibrillazione ventricolare, ma da asistolia preceduta da un breve periodo di attività elettrica disordinata scatenata da un’extrasistole ventricolare precocissima. E’ stato perciò proposto di definire questo tipo di complesso come “onda lambda” a causa del suo aspetto simile alla lettera l dell’alfabeto greco suggerendo anche che in questa variante della sindrome di Brugada il meccanismo fondamentale della morte potrebbe essere l’asistolia più della fibrillazione ventricolare. A parte il sopraslivellamento di ST, il quadro ECG può comprendere anche:

–          blocco A-V di I grado ; è stato riportato che il ritardo di conduzione è sottohissiano e che l’intervallo H-V è prolungato nella maggior parte dei pazienti;

–          disturbi di conduzione intraventricolare; sono stati descritti casi di blocco di branca destra isolato (BBD) o associato a emiblocco anteriore sinistro (EAS). Nonostante sia stato ripetutamente affermato, in base alla presenza di una positività terminale del QRS in V1 V2, che il blocco di branca destra sia un carattere pressocchè obbligatorio del fenomeno di Brugada, in realtà non si tratta di un vero blocco di branca né di un ritardo di conduzione intraventricolare. La positività terminale del QRS nelle precordiali destre, infatti, non rappresenta un onda R’, espressione di attivazione ritardardata del ventricolo destro, ma una deflessione che si genera per il crearsi di un gradiente elettrico fra l’epicardio e l’endocardio del tratto di efflusso del ventricolo destro. Tale onda ha la stessa origine dell’onda J che si genera nell’ipotermia (onda di Osborn). A volte l’alterazione tipica dell’ECG nelle derivazioni precordiali destre è assente o appena accennata , ma compare o si accentua se gli elettrodi esploranti vengono collocati uno o due spazi intercostali sopra.  I segni caratterizzanti il Brugada infatti possono essere indagati spesso solo su una porzione molto limitata del precordio e questo perché l’anomalia elettrofisiologia sottostante, coinvolge soltanto una limitata regione ventricolare destra, i cui potenziali vengono colti solo se gli elettrodi sono posti praticamente al di sopra della regione interessata.

Per poter definire una sindrome tuttavia non è necessario avere solo il segno ma anche il sintomo. La seconda consensus conference tenutasi nel 2005, ha affermato che per la diagnosi di sindrome di Brugada sia necessario non solo il caratteristico aspetto elettrocardiografico , ma anche almeno una delle seguenti condizioni: 1. fibrillazione ventricolare documentata; 2. tachicardia ventricolare polimorfa; 3. storia familiare di morte improvvisa in età < 45 anni; 4. ECG con onda j e sopraslivellamento convesso di ST in membri della famiglia; 5. indicibilità di tachicardia ventricolare con la stimolazione programmata; 6. sincope; 7. respiro agoico notturno.

Criteri diagnostici per la sindrome di Brugada (Consensus Conference 2005)

Ovviamente prima di poter fare diagnosi di sindrome di Brugada bisogna escludere tutte le altre condizioni cliniche benigne o maligne che possono dare un pattern elettrocardiografico Brugada-like. Nella fattispecie, le miocarditi, la displasia aritmogena del ventricolo destro, alcuni farmaci o semplicemente pazienti che paticano una intensa attività sportiva possono mimare un quadro elettrocardiografico simile al Brugada.

 Mecanismi cellulari e ionici

L’onda J deriva da un’ alterazione del potenziale d’azione che coinvolge le cellule epicardiche, ma non quelle endocardiche, durante la fase 1. in questo periodo (fase di ripolarizzazione precoce) esistono due correnti ioniche ripolarizzanti: il potassio tende a fuoriuscire (corrente Ito) e il cloro a penetrare nella cellula(corrente Icl); intanto la corrente sodica di ingresso (Ina late), si attenua progressivamente fino a scomparire . come conseguenza della perdita di cariche positive e dell’acquisizione di cariche negative, il potenziale transmembrana si porta verso valori meno positivi passando da circa +30mV a 0 mV. La corrente sodica d’ingresso (Ina late) ha un effetto opposto a quello di Ito e Icl,e portando cariche positive all’interno della cellula, rallenta la ripolarizzazione; tuttavia, poiché essa si esaurisce rapidamente, in condizioni fisiologiche la sua importanza è relativa. Nei soggetti che presentano il fenomeno di brugada, la ripolarizzazione procede più in fretta che di norma durante la fase 1, con rapida riduzione del potenziale da 30 mV a 0 mV o a valori più negativi.

Meccanismo proposto per l’elevazione del tratto ST nella sindrome di Brugada . L’intaccatura presente in fase 1 a livello epicardico ma non endocardico da  origine ad un gradiente transmurale  e quindi all’elevazione al punto J. L’accentuazione di questa intaccatura potrebbe essere accompagnata da un prolungamento del potenziale d’azione nell’epicardio che diventa più lungo di quello endocardico portando alla formazione di un’onda T negativa.

Il fenomeno si deve al malfunzionamento del canale del sodio, che provoca una precoce riduzione e/o in attivazione della Ina-late: venendo meno l’ingresso di cariche positive ,la fuoriuscita di ioni K (Ito), non più controbilanciata, induce una rapida caduta della positività intracellulare. Il potenziale d’azione delle cellule affette assume perciò un aspetto definito spike-and-dome (punta e cupola). Questo fenomeno si realizza esclusivamente nelle cellule epicardiche, mentre quelle endocardiche conservano un potenziale d’azione normale. Si viene così a creare un gradiente elettrico, cioè una differenza di potenziale tra endocardio ed epicardio; il gradiente elettrico transmurale che si realizza  è responsabile del sopraslivellamento del tratto ST, che si identifica con l’onda J. Quest’onda si verifica solo nelle precordiali destre, perché il potenziale epicardico tipo spike-and-dome, si realizza esclusivamente a livello del tratto d’efflusso del ventricolo destro. Si tratta quindi di un fenomeno locale. Questa interpretazione basata su osservazioni compiute in preparati sperimentali costituiti da strisce isolate di miocardio, ha ricevuto conferme cliniche seppur limitate. In uno studio una guida coronaria contenente un elettrodo è stata introdotta nell’arteria del cono, ramo della coronaria destra, per registrare l’attività elettrica dell’infundibolo, e in tutti e cinque i pazienti studiati affetti da sindrome di Brugada, sono stati riscontrati potenziali tardivi, separati dal QRS, registrabili solo a livello infundibolare, sincroni con l’onda J dell’ECG.  L’elettrogenesi dell’onda J spiega perché i farmaci bloccanti i canali del sodio accentuino il fenomeno di Brugada: poiché la causa prima del sopraslivellamento di ST è il deficit della corrente entrante Ina-late, un farmaco che riduca ancora di più questa corrente provocherà necessariamente un’amplificazione del fenomeno o potrà slatentizzarlo se esso non è evidente, mentre un farmaco che riduca la corrente Ito potrà attenuarlo.

Le aritmie nella sindrome di Brugada.

 

È nota a tutti la possibilità che la morte improvvisa colpisca i portatori del fenomeno di Brugada, soprattutto in maschi in età giovanile (l’età media della morte è 41±15 anni), e possa avere un andamento familiare. L’aritmia tipica della sindrome di Brugada è una tachicardia ventricolare polimorfa che spesso degenera in fibrillazione ventricolare . L’aritmia non si verifica solo a causa del gradiente transmurale che si manifesta a livello infundibolare durante la fase 1 del potenziale d’azione, ma riconosce un meccanismo di rientro in fase 2. il rischio aritmico compare solo quando l’alterazione dei flussi ionici transmembrana, risulta di entità tale da provocare, in alcune regioni dell’epicardio infundibolare, la perdita della fase di plateau con conseguente notevole accorciamento del potenziale d’azione. Poiché tale fenomeno interessa esclusivamente le cellule subepicardiche risparmiando quelle subendocardiche e, nell’ambito dello strato subepicardico, mostra una marcata eterogeneità zonale, si determina una rilevante differenza di refrattarietà tra l’endocardio e l’epicardioe fra diverse zone dell’epicardio. Durante la fase 2 del potenziale d’azione perciò, si crea un gradiente elettrico fra diversi gruppi di cellule (dispersione transmurale ed epicardica della ripolarizzazione), e quelle con potenziale accorciato e breve refrattarietà, possono essere rieccitate, iniziando un movimento di propagazione dell’impulso,, che può degenerare in una tachicardia o in una fibrillaione ventricolare. L’extrasistole determinata dal rientro in fase 2 è difficilmente riconoscibile perché precocissima e anche perché l’impulso prematuro depolarizza una quantità modesta di miocardio (quello eccitabile); verosimilmente il battito prematuro deforma l’onda T, più che manifestarsi come un vero QRS. Un’alterazione dell’onda T, è stata osservata in coincidenza con lo scatenamento della tachicardia ventricolare in molti pazienti con sindrome di Brugada. Oltre alla tachicardia e alla fibrillazione ventricolare è stata descritta in soggetti con sindrome di Brugada un’elevata incidenza di aritmie atriali, soprattutto fibrillazione atriale parossistica.

 

La genetica nella sindrome di Brugada

 

L’ereditarietà della sindrome di Brugada sembra seguire un modello di trasmissione autosomico dominante a penetranza variabile, sebbene siano conosciute delle forme sporadiche.  La prima mutazione associata alla sindrome fu scoperta da Chen e collaboratori ed è stata identificata nel gene SCN5A  codificante la subunità a del canale cardiaco del sodio (locus 3p21, 28 esoni). Attualmente nello stesso gene sono state riconosciute più di 80 mutazioni associate alla sindrome. Studi funzionali eseguiti con sistemi di espressione genica , hanno dimostrato che la maggior parte

delle mutazioni porta ad una perdita di funzione del canale del sodio attraverso vari meccanismi:

– un decremento quantitativo nei canali del sodio a causa di una loro insufficiente espressione

–  una disfunzione qualitativa dei canali del sodio imputabili a squilibri nelle cinetiche di attivazione- in attivazione del canale.

Fig 2.Esempio di 2 differenti tipi mutazioni nell’SCN5A che portano alla perdita di funzione del canale del sodio (Na). A, Mutazione I1660V; produce un difetto nel trafficking cellulare del canale del sodio che porta ad un decremento dei canali del sodio presenti nel sarcolemma . I canali del sodio mutati e wild type (WT) sono stati espressi in cellule della linea TSA201 e marcate con una proteina fluorescente (GFP)  A-I, I canali WT sono presenti sia all’interno della cellula che a livello della membrana suggerendo che i canali vengono prodotti a livello degli organelli e successivamente trasferiti sulla membrana. A-II, la distribuzione della fluorescenza dei canali I1660V è essenzialmente localizzata negl’organelli intracellulari, il che suggerisce che I canali mutati vengono prodotti normalmente ma rimangono intrappolati all’interno della cellula.The fluorescence distribution of I1660V channels is essentially localized in intracellular organelles, which suggests that mutant channels are manufactured but remain trapped within the cell. A-III, Recupero del canale mutato con incubazione a temperatura ambiente. Modificato da Cordeiro et al. B, Mutazione G1319V che modifica le cinetiche del canale del sodio. Studi funzionali attuati in cellule della linea HEK-293. B-I, I picchi massimi d’ampiezza della corrente  sono simili nei WT  e nelle cellule mutate, indicando che il numero dei canali funzionali è simile. B-II,Attivazione voltaggio dipendente che mostra uno shift nella depolarizzazione nei canali mutati rispetto ai WT senza nessun cambiamento nelle pendenze delle curve. B-III, L’inattivazione voltaggio dipendente allo steady-state risulta aumentata nei canali mutati rispetto ai WT. B-IV,Il recupero dall’inattivazione è marcatamente più lento nei canali G1319V.

 

 

La mutazione del gene SCN5A in ogni caso attualmente viene riscontrata in una percentuale di pazienti che va dal 18% al 30%, questo dato suggerisce che all’interno della patologia ci sia una certa eterogeneità genetica. In accordo con questa ipotesi,tramite posizionamento clonale è stato identificato in una grande famiglia di pazienti affetti da sindrome di Brugada, un locus differente sul cromosoma 3, non collegato all’SCN5A. il gene coinvolto è stato recentemente descritto ed è la Glicerolo 3-P deidrogenasi che sembra avere un ruolo nel trafficking dei canali del sodio sulla superficie cellulare. La mutazione responsabile (A280V) riduce le correnti di sodio entranti del 50%. Recenti studi hanno inoltre dimostrato che anche mutazioni comportanti la perdita di funzione del canale del calcio cardiaco CACNA1c e della sua subunità b possono portare ad una sindrome che si pone a metà strada tra Brugada e sindrome del QT corto. Tutti questi dati fanno inquadrare la s. di Brugada in una canalopatia comportante uno squilibrio tra correnti entranti e correnti uscenti del sodio.  Negl’ultimi anni lo studio dei polimorfismi sta acquisendo grande importanza per spiegare i fenotipi di certe malattie genetiche. Ad esempio nel locus SCN5A il polimorfismo H558R comporta un fenotipo più lieve della sindrome associandosi ad un minor squilibrio tra correnti entranti e correnti uscenti del sodio .

 

Il test con farmaci bloccanti i canali del sodio

 

È stato proposto di utilizzare la somministrazione di farmaci bloccanti la corrente Ina per la diagnosi della sindrome di Brugada. Il test ha un suo evidente substrato biologico, poiché la depressione della corente sodica sbilancia l’equilibrio dei flussi ionici transmembrana a favore della corrente ripolarizzante Ito, con conseguente aumento dell’onda J e del sopraslivellamento di ST nelle precordiali destre. Ad accentuare il fenomeno di Brugada, però, sono i farmaci antiaritmici che influenzano solo Ina e non Ito (disopiramide, procainamide, ajmalina, flecainide); al contrario i farmaci che deprimono anche Ito oltre che Ina, come la chinidina, non solo non accentuano l’onda J e il sopraslivellamento di ST, ma possono addirittura controbilanciare il fenomeno elettrico, tanto che in alcuni casi la somministrazione di chinidina è in grado di normalizzare l’ECG.

Il farmaco è stato anche utilizzato con successo per la prevenzione delle aritmie in pazienti affetti dalla sindrome. Nonostante siano stati testati diversi farmaci di classe 1 per il test farmacologico, l’importanza clinica di quest’ultimo è stato più volte messo in discussione. Brugada ha rilevato un’elevata sensibilità del test, mentre altri hanno osservato un potere predittivo positivo, nei confronti di un successivo arresto cardiaco, solo del 7,9 %, con un valore predittivo negativo del 95%, una sensibilità dell’88% e una specificità del 22%. È stato sottolineato come il test con i farmaci bloccanti i canali de sodio, non sia utile nei pazienti con quadro ECG tipo 1, mentre resti proponibile in quelli con quadro ECG tipo 2 e 3. In quest’ultimi il test è positivo quando il farmaco induce una trasformazione del quadro ECG nel tipo 1, caratterizzato da sopraslivellamento convesso (coved) di ST con T negativa. Occorre comunque sottolineare che il test non è privo di rischi: somministrando questi farmaci a soggetti con fenomeno di Brugada sospetto o evidente ma non diagnostico, è possibile non solo slatentizzare il tipico sopraslivellamento convesso, ma anche indurre aritmie potenzialmente letali come tachicardia e fibrillazione ventricolare o dissociazione elettromeccanica.

FarmacoDosaggioSomministrazione
Ajmaline1 mg/kg in 5 minIV
Flecainide2 mg/kg in 10 minIV
400 mgPO
Procainamide10 mg/kg in 10 minIV
Pilsicainide1 mg/kg in 10 minIV

 

 

 

 

Lo studio elettrofisiologico

Poiché i pazienti con sindrome di Brugada sono a rischio di morte improvvisa, ci si è  chiesti se l’inducibilità di aritmie ventricolari sostenute mediante stimolazione programmata potesse permettere di riconoscere, nel gruppo di soggetti che presentano il fenomeno di Brugada, quelli che sono a rischio di sviluppare spontaneamente tachicardia o fibrillazione ventricolare. Come per il test alla flecainide, le opinioni dei ricercatori non sono concordi: alcuni riportano un elevato potere predittivo dello studio elettrofisiologico nei confronti della morte improvvisa o della tachicardia ventricolare, mentre altri sostengono che la stessa non sia in grado di discriminare i soggetti a rischio da quelli non a rischio. Allo stato attuale è comunque uno dei pochi test utili disponibili per una adeguata stratificazione del rischio specie quando manchi una sintomatologia caratteristica o una familiarità.

Terapie

Defibrillatore automatico impiantabile (ICD)

L’ ICD è l’unica terapia di provata efficacia in prevenzione della morte cardiaca improvvisa. Le raccomandazioni per l’impianto dell’ICD sono riassunte qui di seguito:

–          Pazienti sintomatici che mostrano un pattern di tipo 1 sia spontaneo che dopo somministrazione di farmaci bloccanti i canali del sodio che hanno sperimentato un arresto cardiaco resuscitato dovrebbero impiatare un ICD senza ulteriori accertamenti.

–          Pazienti con sintomi quali sincope, respiro agonico notturno, prelipotimie, una volta escluse tutte le cause non cardiache di questi, dovrebbero ricevere un ICD. Lo studio elettrofisiologico dovrebbe essere utilizzato per screenare l’eventuale coesistenza di  aritmie sopraventricolari.

–          Pazienti asintomatici che mostrano un pattern ECG Brugada dovrebbero essere sottoposti ad uno studio elettrofisiologico che accerti la possibile inducibilità di aritmie ventricolari maligne. Qualora lo studio elettrofisiologico risulti positivo, i pazienti dovrebbero ricevere un ICD.

–          Pazienti  asintomatici senza  una storia familiare accertata, con un pattern brugada solo inducibile, dovrebbero essere sottoposti ad uno stretto follow-up.

Approccio farmacologico

Sebbene L’ICD rimanga il cardine della terapia del Brugada, non sempre risulta facilmente accessibile soprattutto a causa delle limitazioni economiche di quei paesi dove peraltro, il tasso di incidenza è superiore.  L’obiettivo della terapia farmacologica è quello di riequilibrare le correnti ioniche cercando di minimizzare  la differenza di potenziale che si crea tra le cellule che conservano una normale morfologia del potenziale d’azione e quelle con potenziale spike and dome (vedi elettrogenesi ). Tale differenza di potenziale infatti è alla base del meccanismo del rientro in fase 2 responsabile dell’innesco delle aritmie ventricolari.  Farmaci antiaritmici quali la quinidina e la disopiramide si sono dimostrati efficaci nel normalizzare il sopraslivellamento del tratto ST in quanto vanno ad interagire con le correnti Ito. In un recente studio attuato su 25 pazienti con sindrome di Brugada, la chinidina è risultata efficace nel prevenire l ‘ induzione di  fibrillazione ventricolare allo studio elettrofisiologico (22 pz/25pz).  L’approccio farmacologico necessita tuttavia di ulteriori studi per accertarne l’efficacia e la sicurezza.


img-bg-portfolio-aritmie-1200x800-1200x800.jpg

Introduzione

La displasia o cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro (ARVD/C), è una patologia del muscolo cardiaco caratterizzata da anomalie funzionali e strutturali dovute alla sostituzione del miocardio con tessuto adiposo o fibroadiposo. La presentazione clinica dell’ARVD solitamente consiste in fenomeni aritmici  che variano dalla semplice extrasistolia ventricolare alla tachicardia o fibrillazione ventricolare (TV/FV) . Lo spettro di presentazione è comunque molto variabile e può includere anche alterazioni globali o segmentali del Ventricolo destro (Vdx,), alterazioni ECGrafiche della depolarizzazione/ripolarizzazione (visibili soprattuttonelle derivazioni precordiali destre), evoluzione in scompenso cardiaco destro o biventricolare che può mimare una cardiomiopatia dilatativa di altra origine . Da quando è stata descritta per la prima volta (circa 30 anni fa) come “auricolarizzzazione del Vdx, sono stati compiuti molti progressi nella comprensione delle manifestazioni cliniche, della patogenesi e della anatomia patologica.

 

Istopatologia

La caratteristica principale dell’ARVD è la sostituzione del miocardio a livello della parete libera del Vdx con tessuto adiposo o fibroadiposo. Solo i foglietti subendocardici appaiono più o meno preservati; a livello degli strati epicardici e mediomurali, all’interno dell’adipe, si osservano filoni di cardiomiociti  delimitati o inglobati da aree variabili di fibrosi . In 2/3 dei casi è possibile riscontrare aree di miocardite acuta all’interno delle quali si riscontrano miociti morti ed un infiltrato infiammatorio (soprattutto linfociti). Questa patologia spesso viene trascurata in sede autoptica probabilmente perché il confine tra  infarcimento adiposo patologico e fisiologico è molto labile. Si riconoscono 2 forme istopatologiche: la forma adiposa pura è caratterizzata da parziale o totale sostituzione del tessuto muscolare cardiaco con tessuto adiposo, con prevalente interessamento del’apice cardiaco e dell’infundibolo in assenza di fibrosi o infiltrati infiammatori. In questa variante il rischio di morte cardiaca improvvisa in assenza di altre coopatologie cardiache è controversa. La forma fibroadiposa ( la prima ad essere stata descritta)  è caratterizzata da 1) tessuto fibroso che avvolge i cardiomiociti,2) dall’assottigliamento della parete del Vdx che spesso residua in una evoluzione aneurismatica, 3) dalla presenza di infiltrato infiammatorio. Gli aneurismi solitamente interessano le porzioni d’afflusso, d’efflusso ed apicali del Vdx (triangolo della displasia). In questa variante (sebbene in proporzioni minori) può venire interessato anche il ventricolo sinistro ed il setto.

 Genetica

Una storia familiare di ARVD è presente in una percentuale che va dal 30 al 50% dei casi. Il più comune pattern di trasmissione è autosomico dominante con penetranza variabile ed espressione fenotipica polimorfica, sebbene sia stato anche descritto un modello autosomico recessivo. Le analisi di Linkage hanno localizzato le anomalie genetiche a livello dei cromosomi 1,2,3,14 per le forme dominanti e del cromosoma 17 per la forma recessiva . Quest’ultima forma è caratteristicamente associata alla malattia di Naxos. In questa condizione la patologia sembra avere un decorso più severo e la penetranza nei membri familiari si attesta al 90%.

E’ molto difficile stimare la reale prevalenza ed incidenza dell’ ARVD e  questo perché i pazienti non sempre sono facilmente inquadrabili dal punto di vista diagnostico. Inoltre avvolte la prima manifestazione di questa è la morte cardiaca improvvisa e questo complica le indagini epidemiologiche.

 

Diagnosi

La diagnosi di ARVD solitamente viene fattta in età giovanile o adulta; la maggioranza dei pazienti affetti è di sesso maschile(M/F 3/1). A causa dell’evoluzione progressiva della patologia, i pazienti spesso presentano un corredo sintomatologico eterogeneo. Palpitazioni, fatica e sincope, sembrano essere i sintomi più comuni, ma talora sono presenti disturbi aspecifici come dolore addominale e confusione mentale. In alcuni casi laprima manifestazione può essere un arresto cardiaco in concomitanza con sforzi fisici intensi.

 

Segni e sintomi di ARVD


Sintomi
Dolori addominali
Ridotta tolleranza allo sforzo
Confusione
Dispnea (specialmente sotto sforzo)
Fatica
Vertigini
Palpitazioni
Sincope
Segni
Arresto cardiaco
Edema periferico
Morte improvvisa
Tachicardia

Lo diagnosi dell’ARVD comincia con una buona annotazione anamnestica. Una storia personale di palpitazioni (specie in persone di giovane età), con familiarità per  morte improvvisa dovrebbe sempre indurre al sospetto della patologia in questione.

L’esame obiettivo risulta normale in almeno il 50% dei casi. Un importante ritrovamento diagnostico è uno sdoppiamento del secondo tono. Talora è possibile riscontrare anche un terzo ed un quarto tono. Raramente sono apprezzabili dei  soffi. Se il ventricolo destro è molto dilatato invece, è possibile notare una asimmetria della parete toracica.

Dal 50 al 90% dei pazienti hanno delle peculiarità all’ECG di superfice. Queste peculiarità includono: 1) inversione dell’onda T nelle derivazioni precordiali, 2) onda epsilon,3) extrasistoli con morfologia a blocco di branca sinistro, 4) tachicardia ventricolare (TV) con morfologia a blocco di branca sinistro (anche se è possibile riscontrare TV con morfologie differenti).

Nel 1994 è stato istituito uno score system per fare diagnosi di ARVD che comprende dei criteri minori e dei criteri maggiori. Sebbene questi criteri siano specifici non sono dotati di buona sensibilità e non sono mai stati validati. Il criterio più affidabile per fare diagnosi resta quello istologico. Sfortunatamente però anche la biopsia manca di sufficiente sensibilità e questo a causa della natura segmentale della patologia e della tecnica stessa che va a prelevare il materiale bioptico dalla parete settale del ventricolo (difficilmente interessata dalla patologia). Nel sospetto di displasia aritmogena del ventricolo destro, il primo inquadramento diagnostico dovrebbe includere esami non invasivi come il monitoraggio ECG sec Holter, il test da sforzo,l’ecocardiogramma e la risonanza magnetica nucleare. Spesso tuttavia per una buona stratificazione del rischio si rendono necessari esami  invasivi come la biopsia endomiocardica, l’angiografia ventricolare e lo studio elettrofisiologico.

Criteri  Diagnostici per ARVD/C


Per la diagnosi di ARVD è necessaria la contemporanea presenza di :• 2 criteri maggiori oppure
• 1 criterio maggiore e 2 minori oppure
• 4 criteri minori 

1. Storia familiare
Maggiori
-storia familiare confermata all’autopsia o alla biopsia.
Minori
-Storia familiare di morte improvvisa (<35 anni ) dovuta a sospetta ARVD.
-Storia familiare di patologia (diagnosticata sulla base dei sudetti criteri).
2. ECG anomalie della ripolarizzazione /depolarizzazione
Maggiori
-Onda Epsilon o prolungamento (>110 ms) del QRS  nelle derivazioni precordiali destre (V1–V3).
Minori
-Late potentials on signal-averaged ECG.
Minori
-Onde T invertite nelle derivazioni precordiali destre  (V2 and V3) in soggetti di età > 12 anni ed in assenza di BBDx
3. Aritmie
Minori
– TVS o TVNS con morfologia a blocco di branca sinistro.
-Frequenti Extrasystoli ventricolari (>1000/24 h).
4. Disfunzione globale o segmentale ed alterazioni strutturali1
Maggiori
-Severa dilatazione e riduzione della frazione d’eiezione del Vdx senza o con lieve interessamento del ventricolo sinistro.
-formazioni aneurismatiche del Vdx(aree acinetiche o discinetiche con bulging diastolico).Severa dilatazione segmentale del ventricolo destro
Minori
-Moderata dilatazione globale del Vdx o riduzione della FE con Vsx normale.
-Moderata dilatazione segmentale del Vdx.
-Ipocinesia segmentale del Vdx.
5. Caratteristiche tissutali
Major
-Sostituzione fibroadiposa del miocardio.

 

1     Riscontrate all’ Ecocardiogramma, RM, angiografia, scintigrafia.

 

E’ ancora materia di discussione quale sia la metodica di imaging più appropriata per la diagnosi. L’ecocardiografia con contrasto e l’angiografia possono identificare formazioni aneurismatiche, ed aree di discinesia nel triangolo della displasia ma sono tecniche invasive. La Risonanza magnetica nucleare al contrario è un esame non invasivo che consente una buona valutazione delle alterazioni strutturali e funzionali nonché una caratterizzazione indiretta del tessuto. Lo studio elettrofisiologico è utilizzato per una corretta stratificazione del rischio al fine di valutare la suscettibilità del substrato aritmogeno. Con lo S.E.F. è possibile determinare il tipo di aritmia inducibile, la sua morfologia e  se essa sia o no emodinamìcamente tollerabile. Rimane inoltre un utile sussidio al fine della distinzione tra le aritmie idiopatiche del ventricolo destro che tendono ad avere un decorso benigno e la ARVD.

 

Storia naturale

La storia naturale dell’ARVD dipende sia dall’istabilità elettrica del substrato sia dalla progressiva disfunzione ventricolare. Come abbiamo già evidenziato le aritmie variano da semplici battiti ectopici ventricolari (con morfologia a blocco di branca sinistro) alla tachicardia ventricolare sostenuta o non sostenuta che possono evolvere in fibrillazione ventricolare e quindi in arresto cardiaco. E’ stato documentato uno squilibrio nell’innervazione adrenergica che potrebbe contribuire all’aritmogenesi a causa della dispersione del periodo refrattario e della generazione  delle post depolarizzazioni tardive in particolare in concomitanza con l’esercizio fisico o l’aumento del tono catecolaminergico. Con l’evoluzione della patologia si assiste ad una alterazione della contrattilità ventricolare che residua in una insufficienza cardiaca destra o biventricolare. L’interessamento del ventricolo sinistro infatti, sia esso macroscopico o istologico, interessa circa il 76% dei pazienti affetti. Questo coinvolgimento sembra essere età dipendente, e più evidente in coloro che hanno una lunga storia di malattia con carattere di progressione come potrebbe essere valutato da indagini ecocardiografiche seriate. Nella storia naturale comunque potrebbero essere considerati i seguenti passaggi: 1) fase occulta, caratterizzata da alterazioni strutturali minime, con o senza aritmie ventricolari minori, durante la quale la morte improvvisa potrebbe essere occasionalmente la prima manifestazione di malattia (in particolare durante attività fisica intensa);2) fase di evidente disordine elettrico, durante la quale le aritmie ventricolari ad origine dal ventricolo destro sono sintomatiche e possono portare ad arresto cardiaco (in presenza o meno di anomalie funzionali del ventricolo); 3) Insufficienza del ventricolo destro dovuta alla progressiva sostituzione del muscolo con tessuto fibroadiposo con una funzione ventricolare sinistra relativamente conservata ; 4) lo stadio finale in cui si assiste ad un coinvolgimento biventricolare. In questa fase l’ARVD può mimare una diversa cardiomiopatia dilatativa  e portare a scompenso cardiaco congestizio con tutte le sue relative complicanze quali fibrillazione atriale ed eventi tromboembolici.

 

Terapia

Il principale trattamento della displasia aritmogena è rivolto alla prevenzione della morte cardiaca improvvisa. Sebbene non ci sia modo di curare l’ARVD, le sue manifestazioni aritmiche o relative al dato funzionale,  possono essere tenute sotto controllo. Le terapie disponibili includono modificazioni dello stile di vita, farmaci antiaritmici, ablazione con radiofrequenze, impianto di un defibrillatore automatico (AICD). Il primo passo nella gestione della patologia è informare il paziente circa la stessa. Sebbene non esistano evidenze definitive riguardo le modificazioni dello stile di vita, i pazienti dovrebbero evitare attività che possano scatenare episodi aritmici quali un’ eccessiva attività fisica. Una volta ottenuta una buona gestione delle aritmie, l’attività fisica potrebbe essere incrementtata sotto stretto controllo medico.

I farmaci antiaritmici sono comunemente utilizzati nella terapia della displasia aritmogena. Non esiste un singolo farmaco che abbia mostrato una completa efficacia, sebbene l’amiodarone somministrato per via endovenosa risulti efficacissimo nell’interrompere le tachicardie ventricolari.  Altri regimi farmacologici comprendono antiaritmici di classe II (beta bloccanti come il propanololo), da soli o in associazione con farmaci di classe Ia (procainamide), farmaci di classe Ic, amiodarone in associazione a farmaci di classe II o Ic. L’ablazione mediante radiofrequenze è utilizzata in caso di 1)tachicardie ventricolari incessanti o refrattarie al trattamento medico, 1)tachicardie ventricolari ben localizzabili,3) successivamente all’impianto del defibrillatore per ridurre gli interventi dello stesso. L’obiettivo dell’ablazione è quello di distruggere quei pathway critici che portano al perpetuarsi della tachicardia. Il tasso di successo dell’ablazione varia da caso a caso ed avvolte è neccesaria più di una procedura; queste recidive spesso sono causa dell’evoluzione stessa della patologia che va a creare nuovi circuiti di rientro.

 

Impiantare un defibrillatore è una scelta che dipende soprattutto dall’ expertise locale e questo perché attualmente non esiste una adeguata stratificazione del rischio per questo tipo di patologia. In generale l’impianto del defibrillatore è raccomandato in coloro che   1) hanno aritmie refrattarie al trattamento medico,2) nei soggetti di giovane età, 3)in caso di pregresso arresto cardiaco resuscitato, 4)qualora ci sia coinvolgimento del ventricolo sinistro. Una delle poche controindicazioni all’impianto invece è costituita dalla tachicardia ventricolare incessante.


img-bg-portfolio-aritmie-1200x800-1200x800.jpg

Il cuore si contrae grazie a strutture cellulari specializzate che generano impulsi elettrici e ne regolano la distribuzione nel cuore stesso.
In condizioni normali l’impulso elettrico origina nel nodo seno atriale, si propaga negli atri e raggiunge il nodo atrio-ventricolare, che è la sola via di comunicazione elettrica tra atri e ventricoli; da qui l’impulso passa al fascio di His e al sistema di conduzione intraventricolare.
COSA SONO?
Sono un ritmo cardiaco accelerato che origina dai ventricoli.

[wp_youtube]N1tcH_07GYk&feature=related[/wp_youtube].

QUALI SONO E COME SI RICONOSCONO?
Possono essere classificate in:
• tachicardia ventricolare monomorfa: all’ecocardiogramma tutti i battiti della tachicardia sono uguali;
• tachicardia ventricolare polimorfa: all’ecocardiogramma i battiti di tachicardia hanno multiple morfologie;
• tachicardia ventricolare sostenuta: durata maggiore di 30 battiti oppure tachicardia che deve essere interrotta subito perché provoca sincopi o capogiri e non è quindi tollerata dal paziente;
• tachicardia ventricolare non sostenuta: durata inferiore a 30 battiti;
• tachicardia ventricolare tollerata: il paziente lamenta solo palpitazioni, ma rimane cosciente;
• tachicardia non tollerata: il paziente inizia a lamentare palpitazioni, rapidamente avverte estrema debolezza e poi perde coscienza. In alcuni casi la perdita di coscienza è immediata.
La capacità del paziente di sopportare la tachicardia senza svenire o senza avvertire mancanza di fiato (tolleranza emodinamica) dipende da due fattori: la frequenza cardiaca durante la tachicardia e la funzionalità ventricolare sinistra. Se in condizioni normali il cuore si contrae bene possono essere sopportate anche frequenze elevate; se invece il cuore è in condizioni funzionali scadenti bastano frequenze cardiache poco elevate per causare disturbi.
PERCHÉ CI SI AMMALA?
Di solito è causata da un circuito di rientro che consente a un singolo impulso elettrico di continuare indefinitamente a circolare nelle camere ventricolari. Questo circuito può essere dovuto a cause sconosciute (idiopatiche) oppure a malattie note come l’infarto miocardico.
Più raramente le tachicardie ventricolari derivano da focolai ventricolari che generano da soli impulsi elettrici accelerati. Le forme idiopatiche possono originare dal ventricolo destro o dal ventricolo sinistro e si ritiene possibile che il meccanismo sia in qualche modo legato al sistema di conduzione intraventricolare. Si parla in questi casi di “tachicardia fascicolare”.


Una delle più frequenti cause di tachicardia ventricolare benigna è costituita dalla tachicardia ventricolare ad origine dal tratto di efflusso del ventricolo destro. Essa è di tipo focale, e tipicamente indotta dallo sforzo. La degenerazione in fibrillazione ventricolare è molto rara. L’extrasistolia dalla medesima regione è ancora più freqente.

Una causa frequente di tachicardia ventricolare è anche la presenza di un precedente infarto. In questo caso il circuito è determinato dalla cicatrice infartuale e la tachicardia è quasi invariabilmente localizzata a livello del ventricolo sinistro. A carico del ventricolo destro sono a volte presenti aree in cui il muscolo normale viene sostituito da grasso o tessuto fibroso. Si parla in questi casi di “displasia aritmogena del ventricolo destro”, in quanto queste aree sostitutive si comportano come le cicatrici infartuali e possono causare tachicardie. Una forma particolare di tachicardia ventricolare è la “torsione di punta”. Questa tachicardia è associata a una anomalia dell’ecocardiogramma denominata “QT lungo”; questa anomalia può essere congenita, ma è più spesso causata da farmaci, alcuni dei quali di uso relativamente frequente.

COME SI CURANO?
I trattamenti possibili comprendono: farmaci antiaritmici, ablazione transcatetere e/o, nei casi più a rischio, impianto del defibrillatore.


img-bg-portfolio-aritmie-1200x800-1200x800.jpg

Il cuore si contrae grazie a strutture cellulari specializzate che generano impulsi elettrici e regolano la loro distribuzione nel cuore stesso.
In condizioni normali l’impulso elettrico origina nel nodo seno atriale, si propaga negli atri e raggiunge il nodo atrio-ventricolare, che è la sola via di comunicazione elettrica tra atri e ventricoli; da qui l’impulso passa al fascio di His e al sistema di conduzione intraventricolare.
COS’È?

La fibrillazione ventricolare (FV o VF) è una condizione nella quale avviene una contrazione non coordinata del muscolo cardiaco dei ventricoli nel cuore. Il risultato è che il cuore non riesce a pompare adeguatamente il sangue. La fibrillazione ventricolare non trattata evolve in asistolia. La fibrillazione ventricolare è un’emergenza medica. Se l’aritmia continua per più di pochi secondi, la circolazione sanguigna cessa, sopraggiunge arresto cardiocircolatorio, arresto respiratorio e successivamente morte.

La fibrillazione ventricolare è una delle principali cause di arresto cardiaco e morte cardiaca improvvisa. Le fibre muscolari ventricolari si contraggono in modo casuale, invece di contrarsi simultaneamente, dunque il ventricolo non riesce a pompare il sangue nelle arterie e nella circolazione sistemica.

La fibrillazione ventricolare è un’aritmia improvvisa e letale responsabile di molte morti nel mondo occidentale, principalmente dovuta a disturbi cardiaci ischemici. Nonostante numerose ricerche, la natura profonda della FV non è stata compresa appieno. La maggior parte degli episodi di FV avviene in pazienti già affetti da altre patologie cardiache, ma talvolta si presenta anche in soggetti senza precedenti. Dovranno essere svolti ancora dei lavori per chiarire il meccanismo della fibrillazione ventricolare.

[wp_youtube]_zvdy2vU-SE[/wp_youtube].

L’arresto cardiaco improvviso è una delle principali cause di morte nel mondo industrializzato. Ad esempio nel Regno Unito si registrano approssimativamente 70.000 – 90.000 morti cardiache improvvise all’anno, con tassi di sopravvivenza che raggiungono solo il 2%. La maggioranza di queste morti sono dovute a fibrillazione ventricolare secondaria ad infarto miocardico acuto, il cosiddetto (“attacco di cuore”). Durante la fibrillazione ventricolare la quantità di sangue pompato dal cuore diventa praticamente nulla e, senza un pronto intervento, la morte sopraggiunge in pochi minuti.


 

 

 

PERCHÉ CI SI AMMALA?

È causata dalla presenza di molteplici circuiti d’attivazione dei ventricoli che provocano un arresto istantaneo dell’attività meccanica del cuore. La fibrillazione ventricolare è talora la conseguenza di una tachicardia ventricolare che successivamente degenera in fibrillazione o il risultato di extrasistoli ventricolari maligne in quanto molto precoci. Sia le extrasistoli maligne, che il substrato per la tachicardia ventricolare riconoscono innumerevoli cause.

La fibrillazione ventricolare si verifica più frequentemente in soggetti predisposti e, nella maggior parte dei casi, è la manifestazione di una patologia ischemica cardiaca.

La fibrillazione ventricolare si ha anche in pazienti affetti da cardiomiopatia, miocardite ed altre patologie a carico del cuore. Sono stati riportati casi di FV dovuti a scompenso elettrolitico ed overdose di sostanze cardiotossiche. Esistono tuttavia casi in cui la FV si verifica in assenza di altre patologie o cause evidenti, in questi casi si parla di fibrillazione ventricolare idiopatica.La fibrillazione ventricolare idiopatica avviene con un’incidenza stimata dell’1% del totale degli arresti cardiaci extraospedalieri, nel 3%-9% delle fibrillazioni ventricolari non legate ad infarto del miocardio, e nel 14% delle FV in pazienti di età inferiore a 40 anni.Alcune sindromi recentemente descritte, come la sindrome di Brugada, potrebbero fornire indizi per comprendere meglio i meccanismi alla base delle aritmie ventricolari. Nella sindrome di Brugada, si possono osservare nell’ECG risultante alcune modifiche tra le quali il blocco RBBB e l’elevazione del tratto ST dei contatti V1-V3, con una aumentata predisposizione alla morte cardiaca improvvisa.

L’importanza di queste osservazioni è che le teorie che cercano di spiegare la fisiopatologia e l’elettrofisiologia di questi disturbi devono tener conto dei casi di fibrillazione ventricolare in soggetti con un cuore apparentemente sano. Risulta evidente che ci siano dei meccanismi che non siamo ancora riusciti completamente a comprendere. Sono in fase di sperimentazione nuove tecnologie che permettano di compiere passi avanti in questo processo di comprensione.

COME  SI CURA?
L’unica terapia efficace è la defibrillazione elettrica. In assenza di strumentazione adeguata, come può accadere per strada, vanno praticate le manovre di rianimazione cardiorespiratoria e va chiamata immediatamente un’ambulanza.La fibrillazione ventricolare può verificarsi in persone apparentemente prive di malattie cardiache, ma si possono identificare alcune persone particolarmente a rischio, quali pazienti con un precedente infarto cardiaco o con particolari malattie cardiache. In questi casi è possibile impiantare defibrillatori che sono in grado di riconoscere e trattare automaticamente la fibrillazione ventricolare.




“Trattiamo le aritmie cardiache dallo studio dei geni all’ablazione transcatetere“



Richiedi AppuntamentoRichiedi Informazioni+ 39 02 52774260Piazza Edmondo Malan 2, San Donato M.se - Milano