Importante Innovazione nell’Ablazione della Fibrillazione Atriale attraverso l’utilizzo di una nuova fonte energetica chiamata Elettroporazione o Ablazione con Campo Pulsato (PFA)
La fibrillazione atriale rappresenta l’aritmia cardiaca più frequente nella pratica clinica e può avere un impatto significativo sulla qualità di vita del paziente. Caratterizzata da un’attività elettrica caotica e irregolare a livello degli atri, questa condizione può causare sintomi debilitanti come palpitazioni, affaticamento e una riduzione della capacità di svolgere attività quotidiane. Inoltre, è associata a un aumento del rischio di complicanze gravi, tra cui ictus e scompenso cardiaco. Per queste ragioni, un trattamento efficace e sicuro è fondamentale per migliorare la gestione di questa aritmia e ridurre i rischi correlati.
Nel nostro centro, abbiamo adottato una delle tecniche più avanzate per il trattamento della fibrillazione atriale: l’ablazione con campo pulsato (Pulsed Field Ablation, PFA). Questa metodica innovativa rappresenta un cambiamento significativo rispetto alle tecniche ablative tradizionali, offrendo una combinazione di elevata precisione e sicurezza.
La PFA si basa su un approccio completamente diverso rispetto ai metodi termici quali la radiofrequenza (calore) e crioenergia (freddo). Questa moderna tecnologia utilizza impulsi elettrici brevissimi e ad alta intensità per generare un fenomeno noto come elettroporazione. In termini pratici, questa tecnologia crea microscopici pori nella membrana delle cellule cardiache responsabili dell’aritmia, portandole a una morte selettiva. L’aspetto più significativo di questa tecnica è la capacità di preservare i tessuti circostanti, come l’esofago, i nervi frenici e le vene polmonari, annullando di fatto il rischio di complicanze gravi spesso associate ai metodi ablativi tradizionali.
Per garantire i migliori risultati, nel nostro centro utilizziamo due diverse tipologie di cateteri, ciascuna con caratteristiche specifiche che ci consentono di personalizzare l’approccio in base alle necessità del paziente. Il catetere a loop variabile (VaripulseTM, BiosenseWebster, Irvine, CA, USA; figura 1) è particolarmente indicato per adattarsi con precisione all’anatomia delle vene polmonari, risultando ideale nei casi più complessi.
(VaripulseTM, BiosenseWebster, Irvine, CA, USA; figura 1)
Il catetere a configurazione modulabile (FarapulseTM, Marlborough, MA, USA; figura 2), invece, permette di trattare in modo uniforme aree più estese, garantendo un isolamento efficace delle strutture bersaglio. Questa flessibilità tecnologica ci consente di affrontare una vasta gamma di situazioni cliniche, personalizzando ogni procedura in base alle caratteristiche anatomiche e cliniche del paziente.
(FarapulseTM, Marlborough, MA, USA; figura 2)
Il nostro centro è tra i primi ad aver adottato questa tecnologia impiegando il catetere a loop variabile (VaripulseTM) che sta dimostrando risultati promettenti pari a quelli ottenuti con il catetere a configurazione modulabile (FarapulseTM). Entrambe le soluzioni ampliano le nostre possibilità terapeutiche e dimostrando che entrambi gli approcci offrono pari efficacia nel rispondere alle diverse esigenze dei pazienti affetti da diverse forme di fibrillazione atriale.
Un ulteriore vantaggio della PFA è rappresentato dalla rapidità e dalla precisione della procedura. La capacità di creare lesioni efficaci senza richiedere un contatto rigido tra il catetere e il tessuto trattato non solo accelera i tempi della procedura, ma migliora anche l’esperienza del paziente.
Studi clinici hanno dimostrato che la PFA offre un’efficacia comparabile, se non superiore, alle tecniche tradizionali, con tassi di successo elevati nell’isolamento completo delle vene polmonari, una fase cruciale per il trattamento della fibrillazione atriale. Inoltre, grazie alla riduzione del rischio di complicanze, questa metodica si pone come un’opzione altamente sicura per i pazienti.
L’adozione di questa tecnologia avanzata, insieme all’esperienza del nostro team, ci consente di offrire un trattamento innovativo, sicuro ed efficace, all’altezza dei più recenti sviluppi della cardiologia moderna.
In che cosa consiste la procedura di ablazione per la modulazione del nodo atrio-ventricolare?
La procedura di ablazione transcatetere mediante radiofrequenza del nodo atrio-ventricolare è rivolta ai pazienti affetti da fibrillazione atriale persistente in cui non siano efficaci le terapie farmacologiche per il controllo del ritmo e della frequenza cardiaca. Tale procedura è sempre preceduta dall’impianto di un dispositivo di elettrostimolazione, generalmente con funzione di resincronizzazione (CRT-D; CRT-P). Tale approccio per il trattamento della fibrillazione atriale è noto come “ablate-and-pace”.
Come si effettua laprocedura di ablazione per la modulazione del nodo atrio-ventricolare?
Previa anestesia locale in sede femorale, si procede tramite tecnica di Seldinger, ad incannulamento della vena femorale destra. Attraverso questo accesso venoso si fa avanzare un catetere ablatore in prossimità del nodo atrio ventricolare (parte compatta). Erogando radiofrequenza, si interrompe la comunicazione elettrica tra atri e ventricoli permettendo così al dispositivo impiantato di stimolare il cuore alla frequenza desiderata.
Dopo la modulazione del nodo atrio ventricolare in genere può permanere un ritmo di scappamento intrinseco a livello giunzionale la cui frequenza è in genere compresa tra i 30 ed i 50 bpm.
Quali sono gli effetti della procedura di ablazione per la modulazione del nodo atrio-ventricolare?
L’ approccio “ablate-and-pace” è l’approccio di scelta nei pazienti con fibrillazione atriale, in cui una risposta ventricolare elevata riduce l’efficacia della resincronizzazione cardiaca. Pertanto tale procedura ed è un importante misura terapeutica soprattutto nei pazienti in cui la fibrillazione atriale risulti essere associata con lo scompenso cardiaco, e risulta essere molto efficace nel controllo delle recidive e dei sintomi dello scompenso cardiaco.
Qual è lo stato dell’arte della ablazione della fibrillazione atriale?
Lo scarso successo della terapia farmacologica per la fibrillazione atriale (FA) ha incoraggiato molti ricercatori a esplorare strategie alternative (1-9). Recenti studi randomizzati hanno dimostrato che la strategia ablativa è superiore alla terapia con farmaci antiaritmici in pazienti con FA parossistica / persistente (10-12) e più di recente anche in pazienti con FA permanente o cronica (13). Tuttavia che questa superiorità si traduca in un reale beneficio in termini di morbilità e mortalità deve ancora essere dimostrato. Negli ultimi anni il numero delle procedure di ablazione di FA è cresciuto in tutto il mondo con tempi di procedura sempre più brevi, permettendo così l’inclusione di pazienti con patologie cardiache strutturale e con FA di lunga data/permanente. A causa delle ottime percentuali di successo riportate dai gruppi pionieristici e dalla attraente possibilità di una cura definitiva per la FA, molti pazienti hanno iniziato a ricercare questo approccio curativo cosi’ come molti elettrofisiologi e centri lo offrono in accordo con le nuove linee guida. Nella nostra esperienza, ormai ventennale abbiamo effettuato presso il nostro Laboratorio di Elettrofisiologia più di 30.000 procedure di ablazione di FA con un totale di successo a lungo termine > 90% nei pazienti con FA parossistica / persistente e dell’70% nella FA permanente riportando una bassa incidenza di complicanze maggiori. Nonostante lo sviluppo di sempre più nuove tecnologie e strumenti, i meccanismi della FA sono molteplici e molti rimangono ancora sconosciuti. Nel 2005 abbiamo anche dimostrato per la prima volta il vantaggio della denervazione vagale in pazienti con FA parossistica che si sottoponevano all’ablazione e tali osservazioni sono ancora oggi una pietra miliare per la comprensione della fisiopatologia e del trattamento della FA.
Attualmente, tuttavia, abbiamo bisogno di avere maggiori informazioni sulla fisiopatologia della FA permanente per commisurare o limitare i bersagli dell’ablazione dato che i pazienti con FA di lunga durata o permanente richiedono un’ ablazione estesa e avvolte la ripetizione della procedura. Dati del nostro laboratorio indicano che la progressione dalla forma parossistica iniziale alla forma di FA persistente o permanente è relativamente rapida e può essere prevista da variabili cliniche (14). Come risultato, l’identificazione di soggetti ad alto rischio di progressione è utile per un timing ottimale della esecuzione dell’ ablazione, evitando una procedura tardiva quando ormai la FA è divenuta permanente. Attualmente, le strategie ablative per pazienti con FA permanente e con associate patologie cardiache strutturali sono complesse, di lunga durata, meno efficaci e sono associate ad un elevato rischio di complicanze. Nel corso degli ultimi anni, altri gruppi hanno confermato i nostri precedenti risultati, anche in pazienti con FA permanente utilizzando un approccio graduale, che comprende l’aggiunta sequenziale di ulteriori bersagli dell’ablazione tramite ripetute procedure ablative così da limitare o modificare i substrati anatomici, elettrofisiologici e / o autonomici (15). Se l’ eliminazione del substrato è davvero cruciale per il risultato, la mappatura ed i sistemi di navigazione dovrebbero essere in grado di visualizzare con esattezza la complessità dell’ anatomia dell’atrio sinistro al fine di collocare con precisione le lesioni evitando inutili e pericolose applicazioni della RF (radiofrequenza) compensando eventuali imprecisioni (Figura 1).
Fig. 1Le mappe di voltaggio pre-e post-ablazione con codice colore dell’atrio sinistro dai sistemi CARTO (Pannello A) e NavX (Pannello B) con tipiche lesioni circonferenziali eseguite da CPVA sono mostrate nella vista anatomica postero-anteriore. Si noti che all’interno delle aree cerchiate non sono evidenti gradienti di voltaggio (colore rosso).
Quali sono i criteri di selezione dei pazienti per la procedura ablativa di fibrillazione atriale?
Negli ultimi anni, le indicazioni all’ablazione della FA tramite CPVA si sono ampiamente estese, in base ai risultati di numerosi trials clinici La procedura è indicata in primis in pazienti sintomatici con fibrillazione atriale refrattaria alla terapia farmacologica antiaritmica. Attualmente la procedura è consigliata in una fase precoce della malattia, indipendente mente alla refrattarietà ai farmaci antiaritmici. Negli ultimi anni l’indicazione si è anche estesa a pazienti con scompenso cardiaco e valvulopatie, e anche in soggetti in età più avanzata, in soggetti con FA permanente e/o protesi valvolari meccaniche mitralica o aortica. Una bassa frazione d’eiezione del ventricolo sinistro non rappresenta più una controindicazione assoluta alla CPVA, anzi studi come il CASTLE-AF hanno evidenziato che anche questi pazienti beneficiano della ablazione. Recenti studi hanno evidenziato l’utilità di continuare la terapia antiaritmica dopo l’ablazione, pertanto la terapia con farmaci antiaritmci viene in genere proseguita dopo l’ablazione, e i dosaggi vengono in genere progressivamente ridotti. Anche la terapia anticoagulante viene in genere proseguita dopo l’ablazione, e viene sospesa caso per caso in funzione del burden di FA dopo l’ablazione.
In che cosa consiste l’ablazione circumferenziale della vene polmonari (o CPVA)?
Attualmente l’ablazione circumferenziale della vene polmonari (o CPVA) è la procedura standard effettuata presso il nostro laboratorio di Elettrofisiologia. La procedura viene eseguita tramite cateteri manuali o in remoto con cateteri magnetici morbidi con tempi più rapidi rispetto ad altri approcci (16). La CPVA è costituita da grandi linee circumferenziali di lesione eseguite punto per punto tali da consentire la disconnessione di tutte le vene polmonari (PV), la denervazione vagale e la non inducibilità sia di FA che di tachicardia atriale (AT) alla fine della procedura. I dati accumulati dal nostro laboratorio indicano che nei pazienti con FA parossistica / persistente senza ingrandimento atriale la CPVA da sola è associata ad ottimi risultati, mentre nei pazienti con FA di lunga durata / persistente o permanente e con atri dilatati ulteriori lesioni lineari sono necessarie per raggiungere la non inducibilità di aritmie.
Preparazione pre-procedura
L’ecocardiogramma transesofageo (TEE) rappresenta l’esame di scelta per escludere la presenza di trombi in atrio sinistro o in auricola, i quali sono considerati una controindicazione assoluta alla procedura ablativa che viene rinviata sino a che la presenza di trombi cardiaci viene esclusa da un nuovo TEE durante terapia anticoagulante (sia con farmaci DOAC che Dicumarolici). Alla dimissione, si esegue abitualmente un ecocardiogramma transtoracico. Tre giorni prima della procedura, i pazienti che assumono terapia anticoagulante orale la interrompono. La notte prima dell’ablazione, si inizia l’infusione di eparina per raggiungere valori di ACT tra 200 e 250 secondi; l’eparina viene interrotta solo 2 ore prima della procedura per eseguire in modo sicuro la puntura transettale. Come sedazione, si utilizza anche una dose di infusione peso-dipendente di narcotico, come remifentanil (0,025-0,05 mcg/kg/minuto). La cardiochirurgia è prontamente accessibile per eseguire procedure di emergenza chirurgica quando necessario. Un’ecocardiografia al letto del paziente in laboratorio di elettrofisiologia è disponibile in primo luogo per la diagnosi di tamponamento pericardico.
Obiettivi della CPVA
Lo scopo dell’ ablazione transcatetere è l’eliminazione del trigger e la modifica del substrato mediante la minor quantità di lesioni possibile. Il ripristino del ritmo sinusale stabile e la non inducibilità a fine procedura sia di FA che di TA è il gold standard della CPVA. Tuttavia, molti pazienti con FA di lunga durata /permanente dopo il conseguimento del ritmo sinusale al termine della procedura, sono ancora suscettibili di inducibilità di FA/TA sostenute che richiedendo ulteriori lesioni lineari nell’atrio sinistro (LA) per raggiungere la non inducibilità. Gli end point della procedura di CPVA standard includono la disconnessione elettrica delle PV, la denervazione vagale, linee di lesione posteriori e la linea dell’istmo mitralico; ulteriori lesioni lineari, tra cui la disconnessione del seno coronarico (CS), sono gli ultimi bersagli. Gli obiettivi vengono ottenuti con un unico catetere mappatore/ablatore. Allo stato attuale, non usiamo la tecnologia con pallocino dato che il nostro approccio non si limita solamente alla disconnessione delle PV e dato che il raggiungimento di multipli obiettivi preclude il suo uso. Inoltre, la PV hanno anatomie largamente variabili da paziente a paziente, con una vasta gamma di diametri e la frequente presenza di osti comuni in oltre il 30% dei pazienti rendono difficile l’uso di questa tecnologia.
Disconnessione delle vene polmonari
Le linee circonferenziali sono localizzate nel tessuto atriale al di fuori del ostio delle PV, una zona spesso denominata antro (Figura 1). Le lesioni sono disegnate per circondare le PV di destra e di sinistra singolarmente o in coppia. La convalida dell’ isolamento elettrico con il catetere per la mappatura circolare non viene eseguito nel nostro laboratorio dal momento che abbiamo eseguito un vero e proprio isolamento elettrico distale attraverso l’abbattimento dei potenziali riduzione (riduzione > 90% dell’ampiezza dell’elettrogramma), anche all’interno delle aree circondate (ampiezza dell’elettrogramma < 0.1 mV). La disconnessione delle PV viene ottenuta con la stabilità ottimale del catetere e il contatto con la parete che residua in una rapida attenuazione degli elettrogrammi atriali durante ogni erogazione di RF fino alla loro completa eliminazione (Figura 2).
Fig. 2 Durante le applicazioni di RF, il potenziale atriale locale, le linee di lesione all’interno delle aree circondate diventano più larghe e più basse (nero), scomparendo completamente (blu chiaro) entro 20-50 secondi.
Segnali in zone parzialmente ablate richiedono ulteriori applicazioni di RF prima di passare al successivo sito di ablazione.
Obiettivi autonomici della denervazione vagale
Quando possibile, l’eliminazione dei riflessi vagali in siti di innervazione nel corso della procedura rappresenta uno degli obiettivi più importanti dato che la denervazione vagale è un forte elemento predittore per il successo a lungo termine della procedura ablativa (Figura 3). Per prima cosa abbiamo dimostrato che la CPVA induce una denervazione vagale non a lungo termine, ma transitoria che comunque ne incrementa l’efficacia a lungo termine (8). Questi risultati sono stati confermati da molti altri autori con diversi approcci ablativi ed ora la denervazione vagale costituisce una nuova affascinante strategia per l’ablazione della FA. I nostri risultati sulle modificazioni della HRV dopo ablazione aggiungono nuove intuizioni per la comprensione dei meccanismi della FA e del suo trattamento. Mentre si praticano le lesioni standard della CPVA, le erogazioni di RF evocano riflessi vagali in circa 30% dei pazienti. Vanno annoverati come riflessi vagali la bradicardia sinusale (FC<40 battiti al minuto. bpm), l’asistolia, il blocco AV e l’ipotensione che si verificano entro pochi secondi dall’inizio dell’ applicazione della RF (Figura 3).
Fig. 3 All’inizio delle applicazioni RF attorno alla VP superiore sinistra (sito di ablazione sulla mappa di voltaggio pre-ablazione) riflesso vagale solleciato (RF1), attenuato (RF2) e quindi abolito (RF3). Da notare che il sito di ablazione in cui è stato evocato il riflesso vagale è incluso nel set di lesioni standard (mappa del voltaggio post-ablazione). Come mostrato, il risultato ha provocato ipotensione e blocco AV di alto grado.
Se viene evocato un riflesso di questo tipo l’energia a RF viene fornita fino a quando tali riflessi vengono aboliti, o fino ad un massimo di 30 secondi. Lo scopo dell’ ablazione in questi siti è la cessazione del riflesso, seguito da tachicardia sinusale o FA. La mancata riproduzione dei riflessi con ripetute applicazioni di RF è considerato una conferma della denervazione. In base alla nostra esperienza, abbiamo sempre tentato di stimolare e quindi ablare tali siti per denervazione vagale. Abbiamo riportato una ”mappa autonomica” dettagliata del LA come obiettivo dell’ ablazione dimostrando che come la vena polmonare superiore sinistra anche la regione settale è riccamente innervata (8).
Ablazione della linea posteriore e dell’istmo mitralico
Nella procedura standard di CPVA vengono praticate linee di ablazione supplementari lungo la parete posteriore ed il tetto del LA tra le due serie di lesioni che collegano le PV superiori ed inferiori e l’annulus mitralico (Figura 1). La linea dell’istmo mitralico viene utilizzata per prevenire la tachicardia atriale macrorientrante postablazione (5,16,17) e per ridurre ulteriormente il substrato aritmico (Figura 3). La completezza della linea dell’istmo mitralico è un importante obiettivo elettrofisiologico e viene convalidata durante la stimolazione epicardica dal seno coronarico (CS) e durante la mappatura del seno coronarico, in cerca di potenziali doppi lungo la linea di blocco, e confermata dal pacing differenziale (5). Il minimo intervallo tra doppi potenziali nell’istmo mitralico durante il pacing da CS dopo blocco è di 150 ms, ciò dipende dalle dimensioni atriali e dall’estensione delle cicatrici e delle lesioni (5).
Ablazione dell’ istmo cavo-tricuspidalico
I pazienti con FA e storia di flutter atriale comune o pazienti con FA permanente vengono sottoposti ad ablazione dell’istmo cavo-tricuspidalico. Se tutti gli endpoint vengono raggiunti alla fine della CPVA standard ed il paziente è in ritmo sinusale, la non inducibilità di FA / TA è l’obiettivo finale.
Lesioni lineari addizionali e disconnessione del seno coronarico
Se l’inducibilità della FA e della TA persiste anche dopo la cardioversione, rivediamo accuratamente le linee di lesione e le aree ablate per verificare potenziali residui e applicare radiofrequenza quando serve. Se necessario, vengono eseguite delle linee di ablazione aggiuntive (di solito tetto, setto o la base del LA) prima dell’isolamento del CS, che è l’ultimo obiettivo (Figura 4).
Fig. 4 Mappa anatomica ricostruita dalla guida NavX in un paziente con FA permanente. Dopo aver completato il set di lesioni CPVA standard, la fibrillazione atriale diventa più organizzata e più lenta come una AT (durata del ciclo 540 ms) che dopo la disconnessione del seno coronarico si converte prontamente in ritmo sinusale (lunghezza del ciclo 660 ms). Su di essi la geometria CS è rappresentata in rosso e le applicazioni RF sono contrassegnate in verde. La disconnessione CS viene eseguita durante mappaggio elettroanatomico
La compartimentalizzazione viene valutata dalla presenza di un “corridoio” di potenziali doppi e dalla dimostrazione di attivazione verso la linea del blocco da entrambi i lati. Una completa linea del tetto del LA può essere dimostrata dall’attivazione progressiva in senso caudocraniale sulla parete posteriore durante stimolazione dalla LAA. L’attività dalla muscolatura atriale a livello del CS può essere un conduttore per la FA di lunga durata o permanente. La disconnessione elettrica del seno coronarico dall’atrio viene eseguita con l’ablazione a livello endocardico o epicardico (o entrambi). L’eliminazione totale dell’ attività elettrica del seno coronarico è l’obiettivo ideale, ma l’organizzazione dell’attività elettrica del CS e/o il rallentamento della frequenza locale con dissociazione fra il potenziale di attività del CS e del LA viene considerato pure come prova di isolamento del CS. Siti del CS endocardici e/o epicardici sono frequenti target di ablazione nei pazienti con FA permanente ed atrii dilatati.
Rimappaggio post-ablazione
Una volta che è stata ottenuta la non inducibilità della FA/TA, l’atrio sinistro (LA) viene nuovamente mappato, e le mappe preablazione e post-ablazione di attivazione vengono confrontate (Figura 1). Nei pazienti in ritmo sinusale, la rimappatura postablazione del LA viene fatta usando la mappa pre-ablazione per l’acquisizione di nuovi punti per confrontare le mappe di voltaggio bipolari pre e post ablazione. Nei pazienti in FA, dopo il ripristino del ritmo sinusale, il mappaggio post-ablazione è effettuato utilizzando la mappa anatomica acquisita durante la FA per convalidare l’accuratezza delle lesioni. Il blocco incompleto viene rivelato dalla propagazione dell’impulso in tutta la linea ablativa e richiede ulteriori applicazioni di RF per il completamento della linea ablativa nonostante la non-inducibilità.
La puntura transettale
Solitamente, prima della puntura transettale, un catetere viene inserito nel seno coronarico per mappare l’attività atriale sinistra, e un catetere multipolare viene posizionato nell’atrio destro per mappare l’attività elettrica dell’atrio destro. La CPVA richiede una singola puntura transettale per il catetere di mappaggio/ablazione. Dopo l’accesso transettale viene somministrato un singolo bolo di eparina per via endovenosa e vengono prelevati 2 campioni di sangue ogni 15 minuti per controllare l’ACT che deve essere mantenuto > 250 s o più.
Individuazione dei target di ablazione
E’ necessaria un’accurata identificazione dei bersagli e una procedura di ablazione di durata relativamente breve per evitare complicanze maggiori e raggiungere con successo tutti gli obiettivi. Attualmente, ciò viene facilitato dall’uso della navigazione 3-D e di sistemi di mappaggio che forniscono un orientamento preciso dal punto di vista anatomico ed elettrofisiologico. La CPVA viene eseguita in 1 ora circa, ma può essere più lunga (sino a 3 ore) in pazienti con FA permanente con atri dilatati, per raggiungere tutti gli obiettivi tra cui la disconnessione del CS e la non inducibilità della FA/TA.
Il mappaggio elettroanatomico
Abitualmente nel nostro laboratorio di Elettrofisiologia utilizziamo i sistemi di mappaggio CARTO (BiosenseWebster, Diamond Bar, CA, USA) e l’EnSiteNavX (St. Jude Medical, St. Paul, MN, USA), che hanno notevolmente accorciato il tempo di fluoroscopia migliorando il profilo di sicurezza della procedura (figura 1). La precoce adozione da parte del nostro gruppo del sistema di mappaggio CARTO, ha permesso una ricostruzione accurata della complessa anatomia atriale sinistra ed ormai viene accettata dall’intera comunità di elettrofisiologia che esegue l’ablazione di FA (2). Il sistema CARTO localizza in continuo la posizione del catetere utilizzando tre campi magnetici molto bassi, mentre il sistema NavX è basato su campi elettrici generati da tre coppie di elettrodi cutanei ortogonali in 3 assi X, Y,e Z. (Figura 1). A differenza del CARTO, il nuovo NavX consente di ottenere una ricostruzione 3-D sia della punta e che del corpo del catetere, che è particolarmente utile in aree “difficili” come gli osti delle PV, la cresta, l’anulus mitralico e l’area settale. Il monitoraggio del catetere con il sistema NavX viene ottenuto da un indicatore di vicinanza che, sulla base dell’intensità del colore della punta del catetere permette all’operatore di controllare il contatto ottimale del catetere di ablazione, contatto che quando associato all’abbattimento del potenziale atriale indica il conseguimento dell’obiettivo (Figura 1).
Durante le applicazioni della RF il movimento cardiaco, il dolore e la respirazione sono tutti fattori che influiscono sulla stabilità del posizionamento del catetere, ma il software NavX consente di ridurre al minimo l’entità del movimento dei bersagli, nonché gli artefatti respiratori. Quando viene ablata la parete posteriore, che è una zona vulnerabile a maggior rischio di perforazione cardiaca, la presenza di dolore può causare modificazioni della frequenza respiratoria e la compensazione respiratoria da parte del NavX è utile per il mantenimento della stabilità del catetere. Inoltre, la tecnologia Navx è in grado di creare separatamente qualsiasi anatomia desiderata per ogni target dell’ablazione che si traduce in una più accurata ablazione in particolar modo di target difficoltosi come l’ostio delle PV, il loro antro, la parete posteriore, e il CS (figure 4 e 5).
Fig. 5 Mappe anatomiche post-ablazione sotto la guida NavX delatrio sinistro con registrazioni intracardiache simultanee. La geometria del seno-coronarico è rappresentata in rosso. Si noti la forma di 2 cateteri, di cui uno all’interno del seno coronarico (giallo) come riferimento catetere e l’altro attorno all’ostio PV destro (bianco con punta verde) per la mappatura e l’ablazione. Dopo l’ablazione, i potenziali atriali locali a livello della PV superiore sono dissociati da LA o completamente assenti, indicando la disconnessione della PV (pannelli A e B).
Sebbene il sistema NavX Ensite consenta di raccogliere rapidamente e sequenzialmente molti punti, nelle aree difficili si preferisce acquisire i punti manualmente come nel sistema CARTO. Un altro importante vantaggio del sistema NavX rispetto al CARTO è che i movimenti del paziente durante la procedura non inficiano la ricostruzione della mappa, in quanto il catetere di riferimento si muove anche per la presenza di patch attaccati al corpo del paziente. Come per il sistema CARTO, dopo l’ablazione una mappa di voltaggio viene mostrata tramite un gradiente colorimetrico per verificare il completo abbattimento dei potenziali lungo le linee di lesione e al loro interno (Figura 1). Attualmente, con entrambi i sistemi elettroanatomici in pochi minuti siamo in grado di ricostruire l’anatomia del LA ed i target di ablazione. La ricostruzione delle PV e dei loro osti rappresenta il primo passo e viene confermata dall’uso simultaneo di fluoroscopia, elettrogrammi e gradienti di impedenza. Tipicamente e contemporaneamente, una volta che il catetere entra nella PV, la punta viene vista al di fuori dell’ombra cardiaca su fluoroscopia, i valori di impedenza significativamente aumentano (oltre 4 Ohm al di sopra dell’impedenza atriale sinistra), e gli elettrogrammi atriali scompaiono. Una volta che le PV vengono visualizzate, una ricostruzione sequenziale dettagliata dell’atrio sinistro viene eseguita comprese le pareti posteriori e anteriori, la LAA, il tetto, il setto e l’anulus mitralico con il suo istmo. Il setto e il canale tra LAA e il LSPV spesso richiedono l’acquisizione di molti punti in più rispetto ad altre zone. La LAA, che si identifica con la presenza di elettrogrammi atriali non frazionati e di grande ampiezza e ampi elettrogrammi ventricolari con un’attività elettrica organizzata in FA, rappresenta una delle ultime aree che viene mappata. Il canale tra LAA e LSPV e mostra potenziali che tipicamente sono più piccoli di quelli della LAA ma più alto e più frazionati che nel resto dell’atrio sinistro. Se il canale non viene ricostruito con precisione, il lato sinistro della lesione circumferenziale può essere posizionato troppo vicino al LAA o all’interno dell’ostio delle PV, fatti che possono determinare una scarsa efficacia e complicanze maggiori, come la perforazione della LAA e la stenosi delle PV. Anche se la ricostruzione del tetto è più facile richiedendo meno punti da acquisire, una non corretta interpolazione dovrebbe essere evitata quando si utilizza il sistema CARTO.
Ablazione dei target desiderati
Una volta che l’atrio sinistro e le principali vene polmonari sono state adeguatamente ricostruite, viene erogata energia a radiofrequenza, che nel nostro laboratorio è il tipo di energia più frequentemente utilizzata, per l’ablazione endocardica dei sopramenzionati target elettrofisiologici ed anatomici. Negl’ultimi tre anni abbiamo utilizzato un catetere 4 mm irrigato invece del catetere 8 mm irrigato che ha dimostrato avere alcune limitazioni tra le quali la propensione alla formazione di coaguli ed una erogazione insufficiente di energia nelle aree a basso flusso ematico. Il catetere irrigato permette di distribuire adeguatamente l’energia e di ottenere delle lesioni più grandi minimizzando il rischio embolico. Nel nostro approccio , l’efficacia dell’erogazione delle radiofrequenze è e rimane importante ma cerchiamo di moderare la loro potenza nelle aree a rischio in funzione di una maggiore sicurezza. Di solito utilizziamo un più basso settaggio della potenza (30-50 W) ed un flusso di irrigazione di 2 ml/min ( durante il mappaggio) e fino a 50 ml/min durante l’ablazione ( in base al sito d’erogazione delle radiofrequenze). Per le lesioni circonferenziali, le radiofrequenze vengono erogate ad una distanza di circa 1 cm dagli osti (invece di 5 mm) riducendo in questo modo il rischio di stenosi delle vene polmonari. Se si verifica un incremento dell’impedenza (> 10 Ohms) o il paziente accusa un dolore urente, le radiofrequenze vengono interrotte immediatamente. Quando l’ablazione inizia il flusso di irrigazione aumenta da 2 a 17 ml/min mentre i valori di impedenza e di temperatura alla punta del catetere vengono costantemente monitorati. L’energia in uscita viene limitata a 50W con una temperatura massima di 48 C durante tutta la procedura, ma valori più bassi vengono utilizzati nella parete posteriore e nel seno coronarico per ridurre il rischio di lesione delle strutture adiacenti. Di solito le linee di lesione circonferenziali sono praticate cominciando dalla porzione laterale dell’anulus tricuspidalico e spostandosi posteriormente, poi anteriormente a sinistra delle vene polmonari, si supera il crinale tra la SPV e l’atrio e andando a chiudere la lesione sulla parete posteriore dell’atrio. Le vene polmonari di destra vengono isolate in un modo simile e successivamente vengono fatte posteriormente altre due linee che collegano le due linee circonferenziali. Le linee circonferenziali vengono adattate in base all’anatomia individuale della giunzione tra vena polmonare ed atrio. Una singola linea circonferenziale circonda le due VP ipsilaterali in presenza di osti distanti tra loro meno di 20 mm, in presenza di un ostio comune o di una dipartizione in branche precoce. Se anatomicamente possibile noi pratichiamo anche una linea di lesione tra i due osti per ridurre ulteriormente il substrato anatomico ed elettrofisiologico. Caratteristicamente in paziente con FA permanente ed atri dilatati, mentre effettuiamo la disconnessione del seno coronarico e prima del ripristino del ritmo sinusale, si assiste ad una regolarizzazione del ciclo con una trasformazione in TA ed una morfologia uniforme dell’onda P. Con il nostro approccio, avviene un ripristino del ritmo sinusale in pressochè la totalità dei pazienti con FA permanente. Il ripristino a RS si ha immediatamente o previa trasformazione in TA. La procedura ha successo quando tutti gli endpoints vengono raggiunti.
Ablazione delle aree critiche
L’ottenimento di tutti gli endpoint è cruciale ma può essere difficoltoso in aree specifiche. Di solito applicazioni ripetute di radiofrequente di breve durata, alta intensità e flusso di irrigazione più alte sono necessarie attorno alla VPSS dove i potenziali atriali sono più difficili da eliminare. Il completo abbattimento dei potenziali atriali nella cresta tra la VPSS e l’auricola richiede applicazioni di RF più lunghe e con una potenza più elevata. Se la cresta è troppo stretta, la linea di ablazione viene fatta passando alla base dell’auricola. Le VPD e l’istmo mitralico sono altri due siti difficoltosi sia per il mappaggio che per l’ablazione e richiedono continui aggiustamenti nel setting della RF. Le linee di lesione incomplete soprattutto in prossimità dell’istmo mitralico possono residuare in gap che vanno a sostenere una tachicardia atriale post ablazione incessante. Nei pazienti portatori di protesi valvolari meccaniche il mappaggio e l’ablazione in prossimità dell’area mitralica può risultare difficoltoso; tuttavia nella nostra esperienza non si è verificato nessun caso di intrappolamento del catetere. La linea dell’istmo mitralico richiede la validazione della disconnessione con manovre di pacing e in una minoranza di paziente anche applicazioni all’interno del seno coronarico. L’ablazione dei siti di connessione tra il SC e la muscolatura atriale richiede molta attenzione e richiede dei settaggi più bassi di energia e flusso di irrigazione per evitare la perforazione ed il tamponamento cardiaco. Di solito noi pratichiamo due applicazioni di radiofrequenze a bassa energia (tra i 15 ed i 30 W) dal distale al prossimale invece che una singola applicazione per mantenere la temperatura bassa ed evitare potenziali complicanze. La parete posteriore rappresenta anche un’area potenzialmente a rischio di complicanze quali la fistola atrio-esofagea e il tamponamento cardiaco. E’ ben conosciuto che la parete posteriore non solo è la parete più sottile dell’atrio sinistro ma è in stretta correlazione con l’esofago. Pertanto quando applichiamo radiofrequenze in quest’area, utilizziamo un settaggio più basso in termini di energia e di flusso di irrigazione.
Come avviene la gestione del periodo post procedura e delle eventuali complicanze?
Alla fine della procedura di solito utilizziamo del solfato di protamina per permettere la rimozione degli introduttori. Successivamente la gestione comprende la terapia anticoagulante, mentre in passato con i dicumarolici si utilizzava l’embricazione con eparina, attualmente con i farmaci DOAC, questo non è più necessario e si prosegue il solo anticoagulante orale. La possibilità di ottimizzare i parametri di ablazione in funzione delle aree più critiche permette di avere un minor tasso di incidenza di complicanze maggiori. Il tamponamento cardiaco deve essere escluso in tutti i pazienti che hanno ipotensione nel postprocedura. Nella nostra esperienza tuttavia tale complicanza è molto rara se si presta attenzione ai settaggi utilizzati. Solo pochi pazienti hanno richiesto una pericardiocentesi a seguito del versamento pericardico e abbiamo riportato solo un caso di fistola atrioesofagea. L’insorgenza tardiva (6-10 giorni dopo l’ablazione) di uno stato febbrile con o senza sintomi neurologici dovrebbe sempre indurre al sospetto di fistola atrio esofagea che dovrebbe essere esclusa tramite una TAC spirale con contrasto. Nella nostra estesa esperienza che contempla oltre 30.000 casi di CPVA non ci sono stati decessi perioperatori, o complicanze maggiori quali stenosi delle VP, lesione del nervo frenico o occlusione delle coronarie. Le complicanze minori sono poco frequenti, mentre un versamento pericardico non emodinamicamente significativo interessa circa il 4% dei pazienti. Un dolore pericarditico può essere presente nei primi giorni della post-procedura e solitamente è responsivo ai salicilati.
Controllo del ritmo post PTCA
L’assenza di sintomatologia potrebbe non corrispondere ad un ripristino stabile del ritmo sinusale e l’accuratezza della valutazione delle ricorrenze post-ablazione il più delle volte dipende dalla durata delle registrazioni ECG. Per valutare qual è il carico delle ricorrenze asintomatiche dell’aritmia, solitamente dopo l’ablazione i pazienti vengono sottoposti a impianto di loop recorder (generalmente entro 45 giorni dall’ablazione), seguito con monitoraggio remoto. In alternativa i pazienti possono sottoporsi ad registrazioni ECG secondo Holter dopo 1,3, 6 e 12 mesi e ad un monitoraggio ECG transtelefonico (cardiotelefono)
Valutazione della efficacia ed eventuale ripetizione della procedura
Nei primi due mesi dopo la procedura è possibile che ci siano delle recidive di fibrillazione atriale, tuttavia nella metà dei casi esse costituiscono un fenomeno transitorio e non richiedono una seconda procedura. L’efficacia a lungo termine della CPVA e > 90% nei pazienti con fibrillazione atriale parossistica e di circa l’80% nei pazienti con fibrillazione atriale permanente allorquando non è stato possibile indurre FA o TA al termine della procedura. Nei pazienti con fibrillazione atriale parossistica e denervazione vagale locale il tasso di successo a lungo termine è più alto. Se c’è ricorrenza di fibrillazione atriale persistente o episodi frequenti di fibrillazione atriale sintomatica o presenza di un flutter atriale destro o sinistro sintomatico si propone una seconda procedura a distanza di almeno sei mesi dalla prima. La procedura è ripetibile per un massimo di 3 volte.
Rimodellamento atriale
La valutazione delle potenziali conseguenze dell’ablazione sulla contrattilità dell’atrio è importante per la correlazione di questa con il rischio tromboembolico. Dopo l’ablazione noi valutiamo attentamente la funzione contrattile dell’atrio sinistro sia nell’immediato periodo postprocedura sia durante il follow-up a lungo termine. Nella nostra esperienza, dopo l’ablazione i diametri i dell’atrio sinistro si riducono e la funzione contrattile migliora, ma la significatività di questi miglioramenti dipende strettamente dalle dimensioni atriali prima dell’ablazione. Nei pazienti senza recidive e con una buona funzione atriale noi interrompiamo la terapia anticoagulante.
Tachicardia atriale post ablazione
Se durante la procedura sono stati raggiunti tutti gli obiettivi, la tachicardia atriale post ablazione si sviluppa in meno del 5% dei casi, e di solito si tratta di una tachicardia da macro/micro rientro piuttosto che di una tachicardia atriale focale. Nella nostra esperienza queste tachicardie dovrebbero essere trattate inizialmente in maniera conservativa tramite terapia farmacologica o con la cardioversione. Solo nei pazienti sintomatici si ripete la procedura al fine di ottimizzare la terapia ablativa ed in molti casi si ottiene il successo terapeutico. L’ablazione dovrebbe essere eseguita non mediante lesioni empiriche ma previo riconoscimento del meccanismo sottostante. La morfologia dell’onda P, il suo asse, e la continua attivazione dell’atrio fa propendere per un meccanismo di macrorientro mentre l’osservazione di una linea isoelettrica tra le onde P fa propendere per una tachicardia focale. Di routine noi eseguiamo sia una mappa di voltaggio che di attivazione; combinandole assieme a manovre di pacing per un migliore risultato della terapia ablativa. Di solito la mappa di attivazione mostra l’attivazione più precoce e quella più tardiva con una scala cromatica che fa riferimento ad una finestra temporale pari al ciclo della tachicardia. La più comune tachicardia atriale post-ablazione è dovuta ad un macrorientro ad origine dall’anulus mitralico. L’entrainment con intervalli post-pacing pari al ciclo della tachicardia misurati in più di tre siti attorno all’anulus mitralico superiore ed inferiore, con un tempo d’attivazione attorno all’anulus tricuspidalico pari al ciclo della tachicardia depongono fortemente per la diagnosi di tachicardia atriale ad origine dall’anulus mitralico. Come nel caso del flutter atriale destro istmo-dipendente, l’area più stretta del circuito si situa tra la VPIS e l’anulus. Di conseguenza il punto migliore dove cercare i gap residui e dove ripetere l’ablazione è proprio l’istmo mitralico. Per le tachicardie atriali micro-rientranti (lunghezza del ciclo inferiore all’80%) originanti dalla riconnessione degli osti delle VVPP, l’ablazione dei siti con attivazione più precoce che hanno un entrainment occulto risulta essere molto efficace. Frequentemente le mappe di voltaggio mostrano aree di voltaggio preservato nei siti di attivazione precoce, suggerendo la presenza di aree non ablate in precedenza o ablate in maniera insufficiente. Il rientro attorno alle vene polmonari destre o sinistre può essere dimostrato mediante pacing dal seno coronarico distale e prossimale, dal setto e dal tetto dell’atrio. La loro gestione richiede l’uso di mappe d’attivazione 3-D per delineare il decorso della tachicardia e per identificare una linea di lesione che colleghi le barriere anatomiche al fine di interrompere i circuiti di tachicardia atriale. Le RF vengono erogate dopo aver ben identificato gli istmi critici con una dettagliata mappa elettroanatomica. Di solito sono necessarie solo poche applicazioni di RF per eliminare i circuiti di tachicardia e la loro inducibilità.
Quali sono i vantaggi del sistema remoto di mappaggio ed ablazione remoto con Stereotaxis?
Attualmente la maggior parte delle procedure di ablazione trans-catetere vengono eseguite manualmente in maniera tradizionale e questo richiede un personale qualificato ed esperto nella manipolazione dei cateteri e nell’erogazione di RF. In un moderno laboratorio di elettrofisiologia la presenza di sistemi di navigazione magnetica fa si che vengano limitate le differenze dovute al fattore umano e che i risultati risultino più riproducibili. La fattibilità di un sistema in remoto che non sia operatore dipendente, potrebbe rappresentare una alternativa interessante ed attraente per i laboratori che potrebbero ottenere in questo modo un tasso di successo elevato minimizzando i rischi. La recente possibilità di avere un catetere magnetico con punta irrigata aumenterà i benefici del sistema remoto di ablazione, potendo effettuare delle lesioni più profonde indipendentemente dall’esperienza dell’operatore. Abbiamo dimostrato che la navigazione in remoto potrebbe facilitare sia il mappaggio che l’ablazione indipendentemente dalla destrezza dell’elettrofisiologo. Il sistema di navigazione magnetica utilizza cateteri morbidi dotati di 3 piccoli magneti sulla punta, per un orientamento ottimale nel campo magnetico creato da due grandi magneti posizionati su entrambi i lati del tavolo operatorio. Questo sistema è formato da due componenti indipendenti che comunicano tra loro: Il Niobe Stereotaxis MNS e il sistema di mappaggio elettroanatomico CARTO-RMT. Il Niobe include una interfaccia informatica che è controllata da una tastiera e da un joystick che cambia l’orientamento dei due magneti modificando l’orientamento del campo magnetico e quindi la localizzazione e l’orientamento della punta del catetere. L’operatore sta in una stanza separata, a distanza dalla fluoroscopia e dal corpo del paziente. Questo sistema è combinato con il sistema di mappaggio CARTO che è stato modificato per supportare la navigazione magnetica. Un catetere con punta magnetica da 4-8 mm (Navistar-RMT, Biosense Webster,Inc.) può essere collegato al CARTO-RMT ed attualmente anche in Europa sono disponibili cateteri con punta irrigata. I tre magneti presenti nella porzione distale del catetere permettono al catetere ampie possibilità di orientamento dello stesso mentre il movimento è garantito da un device meccanico (Cardiodrive Stereotaxis). I vettori del campo magnetico utilizzati per ciascun target di navigazione e di ablazione possono essere memorizzati e reimpiegati per l’ablazione automatizzata. Può essere creata un’ accurata mappa elettroanatomica semplicemente utilizzando la funzione automatica presente nel software Navigant che è stata specificatamente disegnato per il mappaggio dell’atrio sinistro. C’è anche la possibilità di prendere dei punti addizionali in aree di particolare interesse. L’acquisizione sequenziali di diversi punti tutti attorno all’atrio sinistro con un contatto a parete stabile dell’elettrocatetere permette di ricreare in maniera accurata le geometrie cardiache anche nelle aree più complesse, con un sorprendente grado di accuratezza ed efficacia. Nella nostra esperienza il mappaggio e l’ablazione in remoto è stata possibile in tutti i pazienti sottoposti all’ablazione di fibrillazione atriale. Inizialmente i tempi della procedura erano un poco più lunghi rispetto alle procedure manuali e questo a causa della curva di apprendimento che nelle prime fasi richiede frequenti aggiustamenti dell’orientamento della punta del catetere. I tempi dell’ablazione per completare le linee di lesione attorno ad aree critiche come le VP di destra sono più brevi in remoto che con l’ablazione manuale, suggerendo che con la navigazione magnetica anche i siti più difficili sono comunque raggiungibili, evitando così applicazioni superflue di RF e di conseguenza riducendo complicanze maggiori.
Vantaggi del sistema remoto di navigazione
L’orientamento dell’elettrocatetere è interamente guidato dai vettori del campo magnetico ed inoltre il catetere RMT è molto più morbido dei cateteri tradizionali in prossimità del segmento distale. Se il catetere non raggiunge la localizzazione prestabilita, l’operatore deve semplicemente spostare il catetere dall’ostacolo anatomico e avanzare verso la localizzazione desiderata manipolando il campo magnetico. Questo porta ad una minore traumatismo dell’endocardio e ad un minor rischio di perforazione cardiaca. Sempre nella nostra esperienza non è stato riportato alcun caso di perforazione cardiaca durante il mappaggio delle aree dell’atrio sinistro con pareti muscolari sottili. I cateteri “soft touch” utilizzati nella navigazione magnetica portano ad una minor deformazione delle camere cardiache rispetto ai cateteri tradizionali, a vantaggio di una ricostruzione anatomica più accurata e di un minor utilizzo della fluoroscopia.
Limitazioni del sistema remoto di navigazione
Ci sono alcune limitazioni del sistema remoto di navigazione, che potranno essere risolte con l’avanzare del progresso tecnologico. La dimensione e la posizione dei magneti può interferire con la visione fluoroscopia del cuore durante la procedura. Tuttavia questo inconveniente può essere ovviato dalla presenza di una più accurata mappa elettroanatomica.
Come avviene la gestione dei farmaci anticoagulanti nei pazienti sottoposti ad ablazione?
Lo stroke è una complicanza possibile e temuta dell’ablazione dell’FA, in particolare per la possibilità di episodi ischemici pacuisintomatici in caso di FA silente. Per prevenire lo stroke o altri eventi tromboembolici, prima della procedura di ablazione nel nostro Centro di routine viene eseguito un ecocardiogramma trans-esofageo.
Terapia anticoagulante pre ablazione
Per quanto riguarda l’anticoagulazione pre-ablazione, i pazienti con fibrillazione atriale permanente e in generale tutti i pazienti ad alto rischio (pazienti con fibrillazione atriale persistente o con fibrillazione atriale parossistica associata ad altri fattori di rischio) richiedono una terapia anticoagulante orale efficace in atto (da almeno tre settimane documentate da un attento monitoraggio del valore di INR > 2 in caso di dicumarolici, da almeno 48-72 ore in caso di DOAC). In pazienti che non assumevano terapia anticoagulante perché a basso rischio, vengono comunque sottoposti a terapia anticoagulante con DOAC con nei giorni immediatamente precedenti l’ablazione. In generale, raccomandiamo comunque di eseguire un TEE prima della procedura in tutti i pazienti che presentino FA o che abbiano alto rischio di eventi trombotici.
Terapia anticoagulante durante la procedura di ablazione
L’anticoagulazione eparinica durante la procedura dovrebbe essere effettuata dopo l’esecuzione della puntura transettale e spesso è necessario mantenere un valore di ACT > 300 sec per ridurre il rischio di trombosi dell’introduttore.
Terapia anticoagulante post-ablazione
Quale sia il miglior protocollo per l’anticoagulazione nel post-procedura non è ancora stato stabilito. L’introduzione dei DOAC, con un migliore profilo di rischio e una maggiore facilità di impiego ha modificato le scelte terapeutiche rispetto all’utilizzo dei classici dicumarolici. A causa del rischio embolico nel post-procedura si invita il paziente ad osservare una terapia anticoagulante orale nei primi 3 o 4 mesi. In pazienti selezionati a basso rischio, se seguiti con monitoraggio ECG tramite loop recorder impiantabile e che non abbiano evidenza di episodi aritmici a distanza di 12 mesi dalla ablazione, è possibile considerare l’interruzione della terapia anticoagulante (che verrà eventualmente ripresa in caso di recidive tardive). In ogni caso i pazienti ad alto rischio tromboembolico dovrebbero continuare la terapia anticoagulante anche qualora non ci sia evidenza di ricorrenze aritmiche.
Il flutter atriale tipico o comune (FLA tipo 1), è una forma relativamente frequente di aritmia atriale che si verifica spesso in associazione con la fibrillazione atriale e può essere causa di eventi avversi importanti quali ad esempio l’ictus cardioembolico, l’ischemia miocardica e talora la tachicardiomiopatia a causa della rapida conduzione atrioventricolare.
Il FLA è tipicamente un ritmo atriale regolare dovuto dovuto a un circuito di rientro che coinvolge gran parte dell’atrio destro (macrorientro atriale destro). Gli atri si depolarizzano a una frequenza di 250-350 battiti/min. Dal momento che il nodo atrioventricolare non è in grado di condurre a questa velocità, gli impulsi vengono condotti al ventricoli secondo un rapporto di conduzione che può essere fisso, dando un ritmo ventricolare regolare (ad esempio in caso di conduzione 2:1, con FC 150 bpm) oppure variabile da momento a momento, secondo rapporti di conduzione variabili (3:1, 4:1, o 5:1), dando un ritmo ventricolare a tratti regolare e a tratti irregolare.
I sintomi del FLA comprendono palpitazioni, intolleranza allo sforzo, dispnea e presincope. Come nella fibrillazione atriale, si possono formare trombi atriali che possono poi embolizzare. La diagnosi del FLA è basata sull’ECG, in cui si evidenzia l’attivazione atriale con il tipico pattern a denti di sega (dette onde F), evidente nelle derivazioni inferiori (D2, D3, avF) .
Il trattamento del FLA comprende il controllo della frequenza con farmaci, la prevenzione del tromboembolismo con la terapia anticoagulante e, spesso, la conversione a ritmo sinusale con i farmaci, la cardioversione, o l’ablazione trnscatetere del substrato (macrorientro atriale destro).
Qual’è il substrato elettrofisiologico del flutter atriale?
Il substrato del FLA è complesso ed include il rallentamento di conduzione in prossimità dell’istmo cavo-tricuspidalico (CTI) e/o il blocco funzionale di conduzione lungo la crista terminalis e cresta Eustachiana. Questo background elettrofisiologico determina una condizione ideale per la formazione di un circuito di macrorientro a livello dell’atrio destro. I triggers del flutter atriale possono essere vari ed includono l’extrasistolia atriale o la fibrillazione atriale stessa.
Rappresentazione schematica del pattern di attivazione nel flutter tipico e nel flutter tipico reverse. (visualizzazione attraverso la valvola tricuspide guardando dal ventricolo verso l’atrio). Nel flutter tipico (A) il fronte d’onda rientrante ruota nell’atrio destro in senso antiorario, mentre nel flutter reverse in senso orario. La cresta terminale e la cresta d’Eustachio rappresentano dei blocchi anatomici. L’area dell’istmo cavotricuspidalico è un area di rallentamento della conduzione . SVC: vena cava superiore; CT: cresta terminale; IVC: vena cava inferiore; ER : cresta di eustachio; CS: seno coronarico; TV : valvola tricupide
Quali sono le tecniche per l’ablazione transcatere del Flutter Atriale?
In considerazione del suo substrato anatomico ed elettrofisiologico ben definito e la relativa resistenza alla terapia farmacologica, l’ablazione transcatetere del FLA si è imposta come la terapia di scelta.
Le tecniche di ablazione TCRF sono molteplici e talora possono impiegare i più recenti sistemi di mappaggio 3D elettroanatomico. Ad oggi tuttavia la più ampiamente diffusa è la tecnica fluoroscopica incentrata sull’ablazione dell’istmo cavo tricuspidalico.
Previa anestesia locale e blanda sedazione, si esegue la puntura della vena femorale destra e della vena succlavia sinistra mediante tecnica Seldinger. Si posizionano sotto guida fluoroscopica degli elettrocateteri diagnostici a livello dell’apice del ventricolo destro (tetra-polare) ed atrio destro (duodecapolare HALO) via vena femorale, e del seno coronarico via vena succlavia (tetra-polare).
Se la procedura viene effettuata in corso di flutter atriale si osserva la tipica propagazione antioraria del flutter che procede dal setto interatriale fino alla regione laterale dell’istmo.
Si introduce quindi un elettrocatetere ablatore e si effettua una linea di lesione a livello dell’istmo cavo-tricuspidalico mediante erogazioni di radiofrequenza con conseguente interruzione del flutter atriale .
In alternativa, in caso non sia possibile indurre l’aritmia clinica in corso della procedura, è possibile eseguire l’ablazione dell’istmo cavo-tricuspidalico anche in ritmo sinusale in corso di pacing fisso dal seno coronarico
Stimolando l’atrio dal seno coronarico si nota come l’impulso possa viaggiare in due direzioni incontrandosi a livello della parete laterale dell’atrio destro. Creando una linea di lesione a livello dell’istmo CT l’impulso può propagarsi in una sola direzione.
Al termine della procedura, si evidenzia il conseguimento del blocco di conduzione bidirezionale
Come avviene la procedura di Ablazione Transcatetere (ATC) del Flutter atriale?
La procedura di ATC del FLA si svolge in regime di ricovero. La procedura viene eseguita con il paziente cosciente, previa anestesia locale in sede di accesso venoso (femorale destro). La durata della procedura può variare in base alla difficoltà di individuare ed interrompere il circuito di rientro (in media 1-2 ore). In assenza di complicanze, la dimissione avviene 1-2 giorni dopo la procedura.
Quali sono i rischi della Ablazione del Flutter atriale?
La procedura è generalmente ben tollerata; gli unici disagi per il paziente possono essere al reperimento dell’accesso vascolare e, in alcuni casi, il momento dell’ablazione che può provocare una sensazione di bruciore al petto. Durante la procedura è possibile che il paziente avverta anche tachicardia, che l’operatore cerca di innescare al fine di poterla adeguatamente mappare e reperirne il circuito di origine.
Le complicazioni della ablazione del flutter atriale sono molto rare. La procedura di ATC del FLA avviene in un ambiente idoneo e da parte di personale addestrato a fronteggiare eventuali rare complicazioni.
Come avviene il follow up dell’Ablazione di Flutter Atriale?
I successivi controlli successivi ad ATC di FLA includono valutazioni cliniche e l’esecuzione periodica di monitoraggio ECG Holter al fine di scoprire eventuali recidive. Nel nostro Centro, generalmente dopo l’ablazione viene programmato l’inserimento di un loop recorder impiantabile, che permette il monitoraggio del ritmo cardiaco per circa 3 anni, anche attraverso monitoraggio remoto
Che cos’è la sindrome di Woff-Parkinson-White (WPW)?
La sindrome di Wolff-Parkinson-White (WPW) è caratterizzata dalla associazione dei sintomi dovuti a tachiaritmie con la presenza di preeccitazione al tracciato ECG di superficie (pattern di WPW). Nella sindrome di WPW, le tachiaritmie sono dovute ad un fenomeno di macro-rientro atrio-ventricolare, che riconosce due vie anatomicamente definite di conduzione: Il sistema nodo-hissiano e la via accessoria atrio-ventricolare stessa. È sufficiente che tra queste due vie vi sia una differenza nel periodo refrattario o nella velocità di conduzione perchè si realizzi un circuito di rientro. Le tachicardie da rientro atrio-ventricolare (TRAV) si distinguono comunemente in ortodromiche ed antidromiche a seconda che la conduzione anterograda avvenga attraverso il sistema nodo-hissiano o attraverso la via accessoria.
Qual è il ruolo dello studio elettrofisiologico nei pazienti con WPW?
Lo studio elettrofisiologico in pazienti con WPW è utile per confermare la diagnosi, studiare la modalità di inizio delle tachicardie, localizzare le vie accessorie, dimostrare che la via accessoria partecipa alle tachicardie, valutare la refrattarietà della via accessoria e le sue implicazioni per il rischio di aritmie pericolose, l’interruzione delle tachicardie e il ruolo delle terapie farmacologiche, della stimolazione o dell’ablazione per le aritmie associate alla sindrome di WPW.
Gli episodi di TPSV ricorrente possono iniziare dalla prima infanzia, ma il loro esordio è più frequente durante l’adolescenza o l’età adulta; la fibrillazione atriale parossistica, d’altra parte, appare quasi esclusivamente negli adulti. Non è raro vedere segni di pre-eccitazione ECG alla nascita, che scompaiono dopo qualche tempo, poiché il percorso accessorio degenera e diventa fibrotico, diventando incapace di condurre; tuttavia la scomparsa dei segni di pre-eccitazione dell’ECG non significa necessariamente che vi sia una completa eliminazione della conduzione sul fascio di Kent, poiché sia la pre-eccitazione latente che nascosta non si associano al tipico schema ECG (onda delta, breve intervallo PR , ecc.) ma sono entrambi in grado di indurre aritmie (3).
Una percentuale estremamente bassa di pazienti con WPW muore improvvisamente a causa della fibrillazione ventricolare. Il meccanismo è quasi certamente una fibrillazione atriale con un’alta risposta ventricolare, che degenera in una fibrillazione ventricolare a causa dell’alta frequenza ventricolare. Questo è un evento drammatico che può verificarsi anche in soggetti asintomatici, con un’incidenza di 1 soggetto su 1000 all’anno. È stato osservato che tutti i pazienti con preeccitazione che sono stati rianimati da un arresto cardiaco avevano un breve periodo refrattario anterogrado (<250 ms) del percorso accessorio; sulla base di questi dati è stato proposto di considerare i pazienti “a rischio” con questo risultato elettrofisiologico (4). Tuttavia, il valore predittivo positivo di questo parametro è molto basso, poiché circa il 20% dei soggetti sottoposti a uno studio EP ha queste caratteristiche e dovrebbe pertanto essere considerato a rischio, mentre l’incidenza effettiva di morte improvvisa è considerevolmente inferiore.
Qual è il ruolo del mappaggio endocardio nella WPW?
L’ECG può aiutare a localizzare le vie accessorie (AP), mentre lo studio elettrofisiologico e il mappaggio intracavitario forniscono dati precisi sulla sua posizione e sulle proprietà elettrofisiologiche delle vie accessorie. Al fine di definire la posizione esatta del fascio di Kent, viene eseguita la mappatura dell’anulus A-V al fine di trovare il punto con l’intervallo A-V più breve durante la conduzione anterograda sul fascio di Kent o l’intervallo VA più breve durante la stimolazione ventricolare o la tachicardia ortodromica. Questo tipo di mappatura può essere eseguita utilizzando registrazioni bipolari o unipolari ed è basato sul principio che l’attivazione della prima camera (ventricolare durante la conduzione anterograda, atriale durante la conduzione retrograda) consente di localizzare l’inserzione della via accessoria nella camera. Pertanto, il catetere ablatore deve essere posizionato sull’anello AV destro o sinistro, a contatto con l’endocardio, e quindi spostato fino a trovare l’intervallo di conduzione più breve. La posizione del catetere è confermata dalla fluoroscopia e dal potenziale registrato che è composto da due deflessioni, quella atriale e ventricolare. Se il catetere si trova sul fascio Kent, è facile registrare onde A e V quasi fuse, indicando un tempo di conduzione estremamente breve. A volte è persino possibile registrare il potenziale del fascio di Kent, visto come una rapida deflessione di breve durata, tra A e V, esprimendo la depolarizzazione della via accessoria: le onde A e V e il potenziale di Kent sono continui, e le diverse componenti sono difficili da separare. L’identificazione di tale attività elettrica continua indica fortemente la presenza di una via accessoria.
Mappatura Anterograda
Il primo sito di attivazione ventricolare durante la preeccitazione manifesta (ritmo sinusale preeccitato, AVRT antidromico) identifica il sito di inserzione ventricolare della via accessoria. I criteri del sito target per l’ablazione durante la mappatura anterogrado includono: 1) potenziale AP (potenziale Kent), 2) prima attivazione ventricolare locale relativa all’insorgenza dell’onda delta (pre-delta) e 3) fusione di elettrogrammi atriali e ventricolari. I potenziali del percorso accessorio riflettono una rapida attivazione locale della via accessoria e sono deflessioni acute e ad alta frequenza tra gli elettrogrammi atriali e ventricolari che precedono l’insorgenza dell’onda delta. Quanto più l’elettrogramma ventricolare locale sul catetere di ablazione precede l’insorgenza dell’onda delta, maggiore è la probabilità di successo.
Mappatura retrograda
Il primo sito di attivazione atriale durante la conduzione retrograda sulla via accessoria (stimolazione ventricolare, AVRT ortodromica) identifica il suo sito di inserzione atriale. Una limitazione della mappatura durante la stimolazione ventricolare dipende dalla possibilità che la conduzione retrograda sul nodo AV possa interferire con l’identificazione del primo sito di attivazione atriale sulla via accessoria (in particolare, vie accessorie settali settali). Le potenziali soluzioni includono la stimolazione a una velocità maggiore (per causare decremento o blocco nel nodo AV), la somministrazione di farmaci che rallentano la conduzione nodale AV o la mappatura durante l’AVRT ortodromica (dove la conduzione retrograda si verifica solo sulle vie accessorie). I criteri per definire il sito per l’ablazione includono: 1) potenziali sulle vie accessorie, 2) il primo sito di attivazione atriale e 3) fusione di elettrogrammi A e V.
Sulla base delle raccomandazioni delle linee guida ACC / AHA / ESC del 2019, nel caso di preeccitazione asintomatica è consigliata l’esecuzione del test EP nel giovane, nell’atleta e nei soggetti in cui i test non invasivi suggeriscano una situazione non a basso rischio. Nei soggetti con WPW asintomatici in cui il test EP con l’uso dell’isoprenalina evidenzia proprietà ad alto rischio, come SPERRI <250 ms, AP ERP <250 ms, vie accessorie multiple e tachicardia mediata da via accessoria inducibile, si pone indicazione di classe I per l’ATC-RF.
Quali sono le caratteristiche delle tachicardie mediate dalle vie accessorie atrio-ventricolari (AVRT)?
Le tachicardie più comuni associate alla sindrome di WPW sono le tachicardie da circuito, il 95% delle quali sono ortodromiche; cioè conducono in modo anterogrado verso il basso rispetto al normale sistema di conduzione A-V e retrogrado sul tratto di bypass. La relazione di conduzione e refrattarietà del normale sistema di conduzione A-V e del tratto di bypass, nonché il sito di stimolazione, determinano sia la capacità di iniziare il circuito della tachiaritmia, sia, teoricamente, il tipo di tachicardia. La conduzione e la refrattarietà delle vie accessorie nella maggior parte dei casi si comportano come tessuto muscolare contrattile; pertanto, le vie accessorie dimostrano una rapida conduzione e presentano periodi refrattari che tendono ad accorciarsi con la riduzione delle lunghezze del ciclo di stimolazione (PCL).
La sindrome di WPW consente di verificare la presenza di tutti i requisiti per un ritmo rientrante: (a) due percorsi anatomici determinanti dal punto di vista funzionale; (b) blocco unidirezionale in uno dei percorsi (in questo caso, nel percorso accessorio o nel percorso A-V nodale); (c) un rallentamento sufficiente in una parte del circuito per superare la refrattarietà prima dell’impulso circolante; e (d) il tempo di conduzione dell’impulso deve superare il periodo refrattario effettivo più lungo di qualsiasi componente nel circuito. Sia il periodo refrattario anterogrado sia quello retrogrado della via accessoria sono i principali determinanti delle: (a) capacità di iniziare e sostenere il movimento circolare, e (b) risposta ventricolare alle tachiaritmie atriali (ad es. fibrillazione atriale, flutter atriale e tachicardia atriale) .
La AVRT è una aritmia rientrante ed è classificata in varianti ortodromiche e antidromiche. Durante la tachicardia ortodromica, la via anterograda è il sistema del nodo AV-His-Purkinje e la via retrograda è la via accessoria. Al contrario, durante la tachicardia antidromica, la via anterogrado è la via accessoria e la via retrograda è il normale sistema di conduzione. La AVRT ortodromica costituisce circa il 95% degli AVRT spontanei e indotti in laboratorio. Per l’inizio della tachicardia, un complesso prematuro atriale (APC), spontaneo o indotto dalla stimolazione, si blocca sulla via accessoria e viaggia lungo il nodo AV-His-Purkinje. L’impulso condotto raggiunge il ventricolo e ritorna sull’atrio sulla via accessoria, che ora ha recuperato la sua eccitabilità. L’impulso quindi rientra nel sistema AV-His-Purkinje, perpetuando la tachicardia. La tachicardia ortodromica può anche essere iniziata da un complesso ventricolare prematuro (PVC). In questo caso, il PVC blocca il sistema His-Purkinje ma viaggia sulla via accessoria fino all’atrio. Se il sistema AV-His-Purkinje del nodo ha recuperato l’eccitabilità, l’impulso quindi viaggia lungo il nodo e rientra nel ventricolo e viene avviata la tachicardia ortodromica
Induzione di AVRT ortodromica da parte del complesso prematuro atriale (a) o dal complesso prematuro ventricolare (b).
Quali sono gli obiettivi nel trattamento della sindrome di WPW?
La terapia di pre-eccitazione ha quattro obiettivi diversi: 1. Curare i sintomi; 2. Prevenire il rischio di morte improvvisa; 3. Prevenire o curare, in caso di tachicardia cronica, il peggioramento della funzione ventricolare; 4. Consentire ai soggetti con pre-eccitazione di svolgere tutte le attività che sono altrimenti vietate legge quando è presente la preeccitazione sull’ECG, ad esempio negli sportivi agonisti o nei lavoratori di professioni a rischio.
Negli altri casi, la terapia non è indicata: in particolare nei soggetti asintomatici, che presentano solo la preeccitazione all’ECG, non è necessario alcun trattamento, una volta verificata l’assenza di parametri di rischio nelle proprietà elettrofisologiche delle vie accessorie, dato tranne che in rari casi, il rischio di sviluppare aritmie pericolose è molto limitato.
Esistono quattro diversi tipi di approcci terapeutici: farmaci antiaritmici, ablazione transcataetere delle vie accessorie, ablazione chirurgica delle vie accessorie, terapia elettrica (cardioversione, stimolazione).
Quali sono i trattamenti farmacologici delle AVRT nel WPW?
Nella AVRT ortodromica, il nodo AV è l’anello debole e i farmaci che prolungano la refrattarietà nodale AV o deprimono la sua conduzione possono portare a un blocco nel nodo con conseguente interruzione della tachicardia. Le manovre vagali terminano la tachicardia causando il blocco nel nodo. I farmaci di prima linea che sono efficaci nella terminazione acuta dell’AVRT ortodromico includono la somministrazione di adenosina, verapamil o diltiazem o beta-bloccanti per via I.V. La digossina è meno efficace a causa dell’inizio ritardato dell’azione. Tra i farmaci antiaritmici di classe 1a, la procainamide è una valida alternativa, dato che deprime la conduzione, prolunga la refrattarietà nella maggior parte dei tessuti cardiaci (cioè atrio, ventricolo e sistema His-Purkinje) e blocca anche la conduzione nella via accessoria. I farmaci antiaritmici di classe Ic sono più efficaci dei farmaci di classe Ia nel bloccare la conduzione AP; tuttavia, dovrebbero essere evitati nei pazienti con cardiopatia strutturale. L’amiodarone ha vari effetti elettrofisiologici ma non è più efficace dei farmaci di classe Ic usati da soli o in combinazione con i beta-bloccanti. In generale, l’amiodarone dovrebbe essere riservato a coloro che sono candidati refrattari ai farmaci, anziani e non idonei alla terapia ablativa. Il sotalolo può essere efficace nella prevenzione della tachicardia, sebbene sia associato a un rischio del 4% di torsioni di punta, specialmente in quelli con significative malattie cardiache strutturali e insufficienza cardiaca congestizia. La digossina orale non è efficace come monoterapia per l’AVRT ortodromica e, per i suoi effetti diretti sula via accessoria, questo farmaco può effettivamente accelerare la conduzione sulla via accessoria durante la fibrillazione atriale. Pertanto, la digossina non deve mai essere utilizzata per il trattamento di pazienti con pre-eccitazione.
Nell’AVRT antidromico, la conduzione nodale AV retrograda può essere l’anello debole del circuito di rientro. I bloccanti dei canali del calcio, beta-bloccanti e adenosina possono essere utilizzati per la cessazione acuta della tachicardia. La procainamide IV è il farmaco di scelta nel trattamento acuto della AVRT antidromica. Anche questo farmaco non interrompe la tachicardia, può rallentare il tasso di tachicardia. In assenza di controindicazioni, i farmaci di classe 1c sono i farmaci di scelta per il trattamento orale a lungo termine della tachicardia antidromica.
Come si effettua l’ablazione transcatetere in radiofrequenza nel WPW?
L’ablazione trancatetere in radiofrequenza (ATC-RF) è la procedura di scelta per i pazienti con sindrome WPW sintomatica e per coloro che rispondono male alla terapia medica. Nei centri più esperti, il tasso di successo è compreso tra il 95% e il 97% con un tasso di ricorrenza del 6%. Il successo dell’ablazione dipende in modo critico dall’accurata localizzazione della via accessoria. La localizzazione del percorso preliminarmente può essere ottenuta dalle morfologie dell’onda delta e del QRS (vedi localizzazione delle vie accessorie dall’ECG di superficie).
In genere, lo studio elettrofisiologico endocavitario precede l’ablazione della via accessoria permettendo la sua esatta localizzazione. La procedura di ablazione viene eseguita in anestesia locale ed una blanda sedazione farmacologica. Si ottengono mediante la tecnica di Seldinger plurimi accessi venosi (in genere femorale destro e succlavio sinistro). Qualora la via accessoria abbia una localizzazione sinistra si posiziona anche un accesso arterioso (arteria femorale destra) al fine di poter permettere l’ablazione mediante approccio transaortico. In alternativa è possibile raggiungere le camere cardiache sinistre mediante la puntura transettale.
Gli elettrocateteri diagnostici quadripolari vengono posizionati a livello dell’atrio destro alto, del fascio di His, in apice del ventricolo destro e nel seno coronarico (vena cardiaca che circonda in solco atrio ventricolare sinistro e permette di registrare l’attività elettrica nella parte sinistra del cuore).
L’ablazione consiste nel somministrare in prossimità della via accessoria energia termica (radiofrequenza) al fine di creare un danno cellulare irreversibile e di renderla pertanto elettricamente inerte.
HRA: atrio destro alto; His: fascio di His; CS: seno coronarico; RV : ventricolo destro; ABL: catetere ablatore
Qualora la preccitazione ventricolare sia manifesta in corso di studio elettrofisiologico si mappano gli anelli valvolari e si identifica dove sia presente la più precoce attivazione ventricolare od il caratteristico potenziale di Kent.
Alcune manovre di pacing atriale o ventricolare possono essere d’aiuto qualora la via accessoria non sia immediatamente identificabile.
Quando la pre-eccitazione non è massima, la stimolazione atriale rapida o l’adenosina I.V. può essere utilizzata per ottenere la pre-eccitazione completa in modo da migliorare l’accuratezza della localizzazione. Ciò è particolarmente utile nelle vie accessorie laterali di sinistra in cui la pre-eccitazione può essere migliorata con la stimolazione atriale sinistra (dal seno coronarico, CS, catetere). I criteri dell’elettrogramma intracardiaco (8) utilizzati per identificare i siti target appropriati per l’ablazione delle vie manifeste comprendono la presenza di un potenziale lungo al avia accessoria (Fig. 5), l’inizio precoce dell’attivazione ventricolare locale rispetto all’insorgenza dell’onda delta, la stabilità dell’elettrogramma e l’attività elettrica continua anterograda (elettrodi atriali e ventricolari fusi).
Fig.5 Dall’alto verso il basso sono i conduttori DI, DIII, V1 e gli elettrogrammi dall’area prossimale del fascio (HBE p), dal seno coronarico prossimale a quello distale (da CS 7-8 a CS 1-2), l’ablatore prossimale e distale ( ABLp e ABLd) e apice ventricolare destro (RV Ap): l’Ablatore distale registra un potenziale rapido (potenziale Kent, K) tra elettrogrammi atriale (A) e ventricolare (V).
Quali sono i criteri per scegliere l’approccio per la ATCRF delle vie anomale?
I criteri utilizzati per identificare i siti target appropriati per l’ablazione della via nascosta e includono la presenza di potenziale retrogradi lungo la via accessoria, attività elettrica continua retrograda con stimolazione ventricolare o durante tachicardia e stabilità dell’elettrogramma. L’ablazione può essere guidata dal catetere in seno coronarico utilizzato per fissare la posizione del percorso. La via anomala può essere ablata tramite un approccio trans-settale o trans-aortico retrogrado a seconda dell’esperienza e delle preferenze dell’operatore. In assenza di un PFO, l’approccio trans-settale prevede la puntura attraverso la fossa ovale. Con l’approccio trans-aortico, la punta del catetere di ablazione è ricurvata per evitare di danneggiare le arterie coronarie, avanzando per via retrograda attraverso la valvola aortica nel ventricolo sinistro e posizionata lungo l’anello mitralico.
L’ablazione del catetere è associata a un tasso di successo molto elevato. La corretta ablazione dei percorsi delle pareti libere a destra richiede una mappatura dettagliata dell’anulus tricuspidale laterale. Il tasso di successo complessivo per l’ablazione della parete libera del ventricolo destro è il più basso di tutte le vie accessorie, con una media del 90% e un tasso di ricorrenza del 14%. Le ragioni della riduzione del tasso di successo includono l’instabilità del catetere e la mancanza di una struttura simile a seno coronarico sul lato destro, parallelo all’anello tricuspidalico, per facilitare la mappatura.
L’ablazione delle vie antero-settale e mediana può essere difficile a causa della vicinanza al nodo A-V e del fascio di His; tuttavia è associata con un tasso di successo complessivo dal 95% al 98% e un rischio dall’1% al 3% di blocco A-V permanente. L’ablazione delle vie postero-settali può essere impegnativa a causa della complessa anatomia della zona postero-settale. La maggior parte delle vie postero-settali può essere ablata dal lato destro, sebbene nel 20% dei casi sia necessario un approccio sul lato sinistro (Fig. 6).
Gli aspetti ECG ed elettrofisiologici che suggeriscono la necessità di un approccio sul lato sinistro includono un’onda delta positiva o un complesso QRS positivo in V1, la prima attivazione atriale retrograda all’ostio del seno coronarico (CS) e un aumento dell’intervallo VA con presenza di BBSX durante la tachicardia ortodromica.
Una piccola percentuale delle vie accessorie ha sede epicardica. Tra il 5% e il 17% degli AP postero-settali e posteriori si trovano a livello epicardico ed è necessaria l’ablazione tramite CS (più comunemente tramite la vena cardiaca media). La presenza di vie accessorie epicardiche potrebbe essere suggerito dalla scoperta di potenziali piccoli o assenti durante la mappatura endocardica e potenziali di dimensioni più ampie durante la mappatura a livello del CS. Le vie accessorie epicardiche sul lato sinistro possono essere ablate con successo all’interno del CS in caso di vie con alti potenziali. Tuttavia, l’ablazione di vie accessorie in altri siti epicardici può richiedere un approccio epicardico percutaneo, in alternativa alla chirurgia cardiaca.
Nel complesso, l’ablazione di AP è associata a un tasso di complicanze dall’1% al 4% e un tasso di mortalità correlato alla procedura di circa lo 0,2%. La complicazione del blocco A-V completo si verifica in circa l’1% dei pazienti e si riscontra più frequentemente nei pazienti sottoposti ad ablazione delle vie settali. La disfunzione autonomica e la tachicardia sinusale inappropriata sono rare complicanze dell’ablazione a radiofrequenza delle vie accessorie atrio-ventricoalri e sono meno frequenti di quelle osservate nell’ablazione della AVNRT. Oggi, i progressi nella progettazione degli elettrocateteri, dei sistemi di erogazione di energia, dei sistemi di mappaggio e dei sistemi di navigazione robotica remota hanno reso l’ablazione transcatetere la terapia di scelta per la maggior parte delle tachiardie da macrorientro (ARVT E AVNRT).
Presenza di vie accessorie multiple.
In circa il 10-15% dei soggetti con pre-eccitazione sono presenti più vie accessorie. I dati istopatologici mostrano una frequenza più elevata di vie accessorie multiple rispetto a quelli osservati clinicamente. La presenza di vie accessorie multiple aumenta l’incidenza dei sintomi ed è associata a un rischio più elevato di morte improvvisa dovuta alla fibrillazione atriale che degenera in fibrillazione ventricolare. I pazienti con pre-eccitazione resuscitati da morte improvvisa avevano un’incidenza più elevata di vie accessorie multipli rispetto al gruppo di controllo che non aveva avuto un arresto cardiaco (5). La diagnosi di vie accessorie multiple sull’ECG è possibile, anche se non in tutti i casi.
DI SEGUITO VENGONO ILLUSTRATI ESEMPI DI PROCEDURE DI ABLAZIONE IN SITUAZIONI SPECIFICHE
Ablazione di un AP postero-settale sinistro manifesto mediante approccio trans-aortico retrogrado (proiezione LAO). Il catetere di ablazione è posizionato lungo l’anulus mitrale postero-settale dove registra un potenziale sulla vie accessorie tra gli elettrogrammi atriale e ventricolare. L’applicazione di energia RF in questo sito ha causato la perdita di preeccitazione in pochi secondi. Il catetere CS fornisce un utile riferimento di riferimento all’anello mitrale.
La figura sopra mostra come in condizioni basali siano poco evidenti i segni di preeccitazione ventricolare
Procedendo con una stimolazione asincrona dal seno coronarico si aumenta il grado di preeccitazione ventricolare con il più breve intervallo AV individuabile in prossimità del seno coronarico distale.
Nel caso di cui sopra ad esempio si posiziona per via trans-aortica il catetere ablatore in posizione laterale sinistra e si registra sul dipolo distale il tipico potenziale di Kent
In tale sede si eroga radiofrequenza con scomparsa della preeccitazione ventricolare
Si noti come il segnale atriale e ventricolare appaiano più distanziati sul dipolo in seno coronarico.
Al termine della procedura di ablazione l’eletrocardiogramma non mostra più le stigmate della preeccitazione e si ottiene quindi una completa normalizzazione dello stesso.
Talora le vie accessorie possono andare a complicare altre patologie aritmiche come la tachicardia da rientro nodale o la fibrillazione atriale. Proprio quest’ultima quando associata alla preeccitazione ventricolare può costituire una vera emergenza clinica a causa della mancanza di “filtro” del nodo atrio ventricolare e dell’elevata risposta ventricolare conferita dal basso periodo refrattario della via accessoria.
Alcune manovre di pacing atriale o ventricolare possono essere d’aiuto qualora la via accessoria non sia immediatamente identificabile.
La figura sopra mostra come in condizioni basali siano poco evidenti i segni di preeccitazione ventricolare
Procedendo con una stimolazione asincrona dal seno coronarico si aumenta il grado di preeccitazione ventricolare con il più breve intervallo AV individuabile in prossimità del seno coronarico distale.
Nel caso di cui sopra ad esempio si posiziona per via trans-aortica il catetere ablatore in posizione laterale sinistra e si registra sul dipolo distale il tipico potenziale di Kent
In tale sede si eroga radiofrequenza con scomparsa della preeccitazione ventricolare
Si noti come il segnale atriale e ventricolare appaiano più distanziati sul dipolo in seno coronarico.
Al termine della procedura di ablazione l’eletrocardiogramma non mostra più le stigmate della preeccitazione e si ottiene quindi una completa normalizzazione dello stesso.
Quando è raccomandata l’ablazione transcatetere nei soggetti asintomatici con WPW?
Attualmente l’importanza dello studio elettrofisiologico (EP) e dell’ablazione transcatatere (ATCRF) delle vie accessorie sono ben stabiliti nei pazienti sintomatici con sindrome di WPW. Sulla base delle raccomandazioni delle linee guida ACC / AHA / ESC del 2019, nel caso di preeccitazione sintomatica dato l’ATCRF ha un’indicazione di classe I.
L’approccio ai pazienti asintomatici è meno chiaro. La maggiore sicurezza dello studio EP e delle tecniche di ablazione basate su catetere forniscono un impulso all’ablazione profilattica del percorso. A supporto di ciò, studi randomizzati hanno dimostrato che nei centri di aritmia con esperienza l’ablazione profilattica in pazienti asintomatici che risultano essere ad alto rischio di aritmie riduce il rischio di aritmie potenzialmente letali.
Qual è il ruolo della ablazione chirurgica nel WPW??
Il trattamento chirurgico elettivo di WPW è stato sostanzialmente abbandonato. Fino agli anni ’80 diversi pazienti sono stati sottoposti a interventi chirurgici al fine di interrompere la conduzione sull’AP, ma da quando è diventata disponibile l’ablazione del catetere è stato universalmente accettato che il rapporto rischio / beneficio di tale intervento chirurgico era inaccettabile, poiché risultati migliori sono stati ottenuti utilizzando metodi più semplici e meno traumatici.
Qual è il ruolo della terapia elettrica nel WPW?
La terapia elettrica di pre-eccitazione si basa sulla cardioversione, che viene utilizzata in caso di fibrillazione atriale pre-eccitata e raramente per AVRT, e sulla stimolazione atriale o ventricolare in caso di tachicardia rientrante. La stimolazione atriale può essere eseguita attraverso la via endocavitaria o transesofagea, mentre la stimolazione ventricolare solo tramite quella endocavitaria. Questo tipo di approccio è consigliabile nei soggetti in cui non è possibile la somministrazione di farmaci o un AVRT non si interrompe dopo le manovre vagali e non è ben tollerato.
Quali sono i parametri di rischio di aritmie pericolose nel WPW?
A differenza del nodo AV, le vie accessorie non dimostrano una conduzione decrementale dipendente dalla frequenza che rallenta con frequenze atriali più veloci. Le seguenti caratteristiche identificano vie accessorie a basso rischio: 1) preeccitazione intermittente, 2) blocco della via accessoria indotto dall’esercizio, 3) intervallo RR preeccitato più breve durante AF> 250 ms e 4) perdita di preeccitazione con procainamide, ajmalina o disopiramide (7). La preeccitazione intermittente dimostra che la via accessoria non è in grado di sostenere la conduzione 1: 1 durante il ritmo sinusale e, pertanto, non può condurre rapidamente durante la FA.
Allo stesso modo, la brusca perdita di preeccitazione durante l’esercizio dimostra che la via accessoria non è in grado di sostenere una conduzione 1:1 durante la tachicardia sinusale indotta dall’esercizio. Durante l’esercizio fisico, la perdita improvvisa di preeccitazione (blocco della via accessoria dipendente dalla frequenza) deve essere differenziata dalla perdita graduale di preeccitazione (pseudonormalizzazione) dovuta a una migliore conduzione nodale AV. Durante la pseudonormalizzazione, la via accessoria continua a condurre in modo anterogrado, ma l’onda delta scompare lentamente man mano che aumenta il contributo all’attivazione ventricolare da parte del sistema AV-His-Purkinje. Poiché il periodo refrattario effettivo anterogrado (ERP) è correlato all’intervallo RR atteso più breve durante la FA, un ERP anterogrado lungo la via accessoria o una durata del ciclo di stimolazione atriale mantenendo una conduzione 1:1 più breve di 250 ms è un surrogato ragionevole ma non ideale del minimo intervallo RR nei casi in cui la FA è assente.
La tachicardia da rientro nodale (TRN o AVNRT, A-V node reentrant tachycardia) è la più comune fra le tachicardie parossistiche sopraventricolari (TPSV) dovute ad un meccanismo di rientro. La TRN è più frequente nelle donne, generalmente non si associa a cardiopatia organica e la prima manifestazione clinica si ha nella terza o quarta decade di vita, mentre è rara nell’infanzia e adolescenza. Il sintomo principale è la palpitazione con esordio e termine improvviso, a cui possono associarsi angina, ansia, sincope, scompenso cardiocircolatorio. La gravità delle manifestazioni cliniche dipende dall’età del paziente, dalla durata dell’aritmia e dalla frequenza della tachicardia, e dalla presenza o meno di una cardiopatia associata.
Che cos’è il nodo atrio-ventricolare?
Il nodo atrioventricolare (NAV) èsi forma per coalescenza di due fasci di fibre atriali. Questi due fasci non solo hanno proprietà elettrofisiologiche differenti ma sembrano essere due strutture anatomiche distinte; il tratto anteriore corrisponde alla via rapida, mentre il tratto posteriore corrisponde alla via lenta. Per meglio visualizzare queste due vie è molto importante conoscere l’anatomia del triangolo di Koch. I tre lati del triangolo sono delimitati dall’anulus tricuspidalico (la porzione dell’anulus adiacente alla cuspide settale), il tendine di Todaro e l’ostio del seno coronarico. Il fascio di His è localizzato all’apice del triangolo. E’ importante sapere che l’apice del triangolo di Koch (dove si trova il nodo AV e il fascio di His) è una struttura anteriore mentre il seno coronarico è posteriore e definisce la porzione posteriore del setto atriale.
Come si effettua l’ablazione transcatetere della tachicardia da rientro nodale (TRN)?
Nei pazienti con tachicardia da rientro nodale (TRN), la via lenta e la via rapida possono essere immaginate come due fasci di fibre atriali: la via rapida è anteriore e superiore ed è localizzata lungo il tendine di Todaro; la via lenta è posteriore ed inferiore e si localizza lungo l’anulus tricuspidalico vicino l’ostio del seno coronarico (CS).
Poiché queste due vie sono ben identificabili esse possono essere sottoposte alla procedura di ablazione transcatetere in radiofrequenza (ATC-RF). Inizialmente il target dell’ablazione era costituito dalla via rapida, ma essendo questa una struttura anteriore e molto vicina al NAV ed al fascio di His, l’intervento si complicava in circa il 20% dei casi con un blocco AV completo. Il target quindi si è spostato sulla via lenta che essendo posteriore e più lontana da strutture sensibili mostra una margine di sicurezza maggiore, dato che il blocco AV (BAV) completo in questo caso è descritto in meno dell’1% dei casi.
Fig.3 Immagini fluoroscopiche degli elettrocateteri posizionati in corso di ablazione TCRF della tachicardia da rientro nodale
Per l’ablazione della via lenta sono possibili due diversi tipi di di approccio: tramite mappaggio elettrofisiologico o anatomico. In entrambi i casi vengono prima identificati i limiti anatomici del triangolo di Koch posizionando un catetere sull’His ed uno nel Seno coronarico. Il catetere ablatore viene poi fatto avanzare attraverso la vena femorale fino all’anulus tricuspidalico in prossimità dell’ostio del seno coronarico (CS).
Nel caso in cui si voglia procedere al mappaggio della via lenta il catetere ablatore viene mosso accuratamente lungo l’anulus tricuspidalico alla ricerca del potenziale di via lenta che rappresenta la depolarizzazione della stessa. Nell’ ECG endocavitario il potenziale di via lenta si localizza tra la deflessione atriale e la deflessione ventricolare. Quando il potenziale di via lenta viene identificato, vengono erogate radiofrequenze (RF) in prossimità di tale sito. In caso di approccio anatomico invece vengono utilizzati i soli punti di repere fluoroscopici.
Generalmente la porzione di annulus tricuspidalico compresa tra l’ostio del seno coronarico ed il fascio di His viene suddivisa in tre segmenti: posteriore (vicino all’ostio del seno coronarico), medio, e anteriore (vicino al fascio di His). Il catetere viene posizionato lungo la valvola tricuspide e fatto scorrere finché non vengono registrati il potenziale atriale e quello ventricolare con la deflessione atriale più grande della deflessione ventricolare. A questo punto vengono erogate RF, e generalmente se la posizione del catetere è corretta è possibile osservare dei battiti giunzionali o una tachicardia giunzionale. Se dopo 10-15 secondi di RF non compaiono battiti giunzionali è bene interrompere l’erogazione e cambiare la posizione del catetere ablatore. Se al contrario compaiono i battiti giunzionali è bene erogare RF per altri 30-60 sec.
Qual’è l’obiettivo dell’ablazione nella TRN?
Il successo dell’ablazione è documentato dalla impossibilità di indurre l’aritmia allo studio elettrofisiologico di controllo.
L’obiettivo principale della ATC-RF è la modulazione della conduzione lungo la via lenta, bloccando il meccanismo di rientro nodale. Gli obiettivi procedurali sono riassunti nella tabella seguente:
Quali sono i rischi dell’ablazione nella TRN?
Attualmente, dato che il target dell’ablazione si è spostato sulla via lenta, posizionata più posteriormente e quindi più lontana dal NAV ed dal fascio di His, strutture potenzialmente sensibili, l’intervento ha un margine di sicurezza maggiore, dato che il blocco AV (BAV) completo in questo caso è descritto in meno dell’1% dei casi.
Tale rischio è molto ridotto rispetto al passato, quando il target dell’ablazione era costituito dalla via rapida, con un rischio di BAV completo di circa del 20%.
Nei rari casi in cui oggi pur con l’ablazione della via lenta si crei un BAV completo, può essere necessario l’impianto di pacemaker.
Quando si effettua l’ablazione delle tachicardie atriali?
Le tachicardie atriali costituiscono un gruppo eterogeneo di aritmie atriali che differiscono tra loro per sede e meccanismo fisiopatologico e che rappresentano tuttavia una causa non comune di aritmie sopraventricolari.
Si stima infatti che ca. il 5% delle aritmie sopraventricolari in età adulta ed il 15% delle aritmie in età pediatrica siano riconducibili a questo gruppo di aritmie.
Per approfondimenti si prega di consultare la pagina relativa…Tachicardia atriale
Qualora le terapie farmacologiche non siano sufficienti a controllare le manifestazioni aritmiche è possibile ricorrere all’ablazione transcatetere il cui obiettivo è quello di eliminare mediante energia termica (radiofrequenza o crioablazione) quelle cellule che sono responsabili della genesi dell’aritmia. L’ablazione TCRF è sempre preceduta da uno studio elettrofisiologico che permette l’identificazione dei target e che sovente è integrata con i nuovi sistemi di mappaggio elettroanatomico.
Qual è il ruolo dello studio elettrofisiologico nei pazienti con tachicardia atriale
Lo studio elettrofisiologico è il primo passo per l’ablazione. Consente infatti di precisare la sede ed il meccanismo fisiopatologico del fenomeno aritmico. L’elettrocardiogramma di superficie infatti non è sufficiente in buona parte dei casi a precisare questi aspetti.
In genere si ottengono 3 o 4 accessi venosi femorali (dall’inguine) ed uno succlavio (dal cavo acellare). Tramite questi accessi si posizionano degli elettrocateteri quadripolari nell’atrio destro a livello del nodo del seno, quindi al del fascio di His e del ventricolo destro. Un’ulteriore elettrocatetere diagnostico viene posizionato nel seno coronarico, una vena che decorre nel solco atrio ventricolare di sinistra e che pertanto ci mostra i segnali elettrici che vengono dalla parte sinistra del cuore.
A questo punto è possibile iniziare delle manovre di stimolazione attraverso le quali si innesca l’aritmia. Talora è necessario, specie nelle forme automatiche, ricorrere all’ausilio di farmaci quali l’isoproterenolo, in grado di mimare una stimolazione adrenergica (simile a quella che si ha quando si fa attività fisica).
Andando a studiare la sequenza di attivazione del segnale atriale e mappando il maggior anticipo del segnale atriale con il catetere ablatore è possibile identificare la sede di origine e pertanto procedere all’ablazione che altro non è che una bruciatura di quelle cellule che sono coinvolte nella genesi dell’aritmia.
Lo studio elettrofisiologico è inoltre essenziale per porre una diagnosi differenziale con altre aritmie che possono “assomigliare” alla tachicardia atriale.
Cosa sono i sistemi di mappaggio utilizzati nell’ablazione della tachicardia atriale?
I sistemi di mappaggio tridimensionale non fluroscopico rappresentano un avanzamento tecnologico considerevole nei laboratori di elettrofisiologia. Sono dei software che consentono di “ricostruire le camere cardiache” aggiungendo all’anatomia il substrato elettrico di ogni regione cardiaca. I sistemi di mappaggi tridimensionale danno informazioni sul voltaggio del tessuto consentendoci di ottenere una misura indiretta della qualità del tessuto stesso (un tessuto elettricamente inerte o privo di segnali elettrici misurabili è un tessuto “morto”, ovvero una cicatrice, detta “scar”), e di ottenere informazioni sulla propagazione del segnale del segnale elettrico in real-time (mappa di attivazione) e sulla presenza di segnali elettrici anomali come i potenziali frammentati.
I sistemi di mappaggio quindi sono u ’aiuto prezioso per l’identificazione della sede e del meccanismo fisiopatologico della tachicardia atriale.
Di primaria importanza inoltre è la possibilità di ridurre al minimo l’esposizione alle radiazioni ionizzanti della scopia rendendo la procedura più sicura anche da questo punto di vista sia per il paziente che per l’operatore.
Quali sono i rischi dell’ablazione delle tachicardie atriali?
I rischi correlati all’ablazione della tachicardia atriale sono minimi ed in genere correlati agli accessi venosi. A tal proposito infatti in sede di puntura femorale si potrebbe creare un danneggiamento vascolare che potrebbe residuare nella formazione di un ematoma, di una fistola arterovenosa o di uno pseudoaneurisma. Nella maggior parte dei casi tali complicanze richiedono solo di un atteggiamento conservativo o di medicazioni compressive. Altre volte è necessario ricorrere a procedure più invasive come l’embolizzazione percutanea o ad approccio chirurgico per l’esclusione della fistola o dello pseudoaneurisma.
L’accesso succlavio in meno dell’1% dei casi è complicato dalla formazione di uno pneumotorace (presenza di aria all’interno del cavo pleurico) o ancor più raramente da un emotorace (presenza di sangue nel cavo pleurico). Tali evenienze possono richiedere il posizionamento di un drenaggio che consenta all’aria o al sangue di fuoriuscire.
Tra i rischi della procedura, anche se presente in letteratura è la perforazione cardiaca con conseguente tamponamento cardiaco è molto rara aneddotica e aneddotica, possibile in particolare per ablazioni complesse. Anche tali complicanze anche se gravi, possono essere gestite in sicurezza in sala operatoria e raramente richiedono un approccio chirurgico.
Come vengono classificate le tachicardie ventricolari?
Col termine di tachicardia ventricolare (TV) si intende un ritmo accelerato del cuore con frequenza pari o superiore a 120 battiti/minuto che origina nelle camere ventricolari.
Le tachicardie ventricolari si definiscono tachicardie ventricolarinon sostenute (TVNS) se durano meno di 30 secondi e tachicardie ventricolari sostenute (TVS) se durano di più o devono essere interrotte perché causano collasso emodinamico.
Da un punto di vista dell’inquadramento clinico, la suddivisione più importante di tali tachicardie è quella che le divide in:
Tachicardie ventricolari idiopatiche, cioè non associate ad alterazioni strutturali cardiache riconoscibili;
Tachicardie associate a cardiopatia strutturale, cioè associate a malattie della struttura e funzione cardiaca, come la cardiopatia ischemica postinfartuale, le cardiopatie dilatative idiopatiche, la cardiopatia ipertrofica, la displasia aritmogena del ventricolo destro o biventricolare, la sarcoidosi cardiaca, le cardiopatie post-miocarditiche.
Questa suddivisione diagnostica ha un importante significato in termini fisiopatologici e prognostici, infatti:
Le tachicardie ventricolari idiopatiche presentano abitualmente una origine singola ed isolata, una origine tipicamente endocardica (la parte interna del cuore) ed una prognosi abitualmente favorevole.
Le tachicardie ventricolari associate a cardiopatia strutturale possono presentare origini multiple, una origine non solo endocardica (la superficie interna del cuore) ma anche epicardica (la parte esterna del cuore) o transmurale (nello spessore del muscolo cardiaco) e sono associate ad una prognosi più impegnativa. Esse si verificano infatti in pazienti con un cuore malato ed affetto da patologie evolutive e possono portare ad arresto cardiaco. Spesso i pazienti affetti da tali tachicardie sono già portatori di defibrillatori impiantabili (ICD), e l’impianto di ICD è in genere richiesto quando tale aritmie si presentano.
In che cosa consiste l’ablazione delle tachicardie ventricolari?
L’ ablazione delle tachicardie ventricolari è un intervento che consiste nella distruzione selettiva (ablazione) del tessuto cardiaco ove si trovano i circuiti responsabili dell’inizio e del mantenimento di tali aritmie.
L’ablazione delle tachicardie ventricolare ha aspetti diversi a seconda della classificazione delle TV.
Ablazione delle tachicardie ventricolari idiopatiche
Nella preparazione all’intervento di ablazione è estremamente importante, qualora possibile, poter disporre delle registrazioni elettrocardiografiche 12 derivazioni degli episodi clinici di tachicardia ventricolare.
Questo consente di guidare la procedura di ablazione con maggiore precisione perché l’analisi dell’elettrocardiogramma consente di identificare in anticipo la sede più probabile di origine della tachicardia ventricolare stessa.
Le tachicardie ventricolari idiopatiche hanno alcune sedi di origine preferenziali:
I fascicoli anteriore e posteriore della branca sinistra (tachicardie fascicolari)
Il tratto di efflusso del ventricolo destro e sinistro
Le cuspidi valvolari aortiche
La continuità mitro-aortica
I muscoli papillari
La regione epicardica della sommità ventricolare.
La procedura di ablazione delle TV idiopatiche viene generalmente eseguita con una blanda sedazione, utilizzando l’anestesia locale per l’acquisizione degli accessi vascolari necessari al posizionamento dei cateteri intracardiaci.
Tali accessi vascolari sono costituiti dalla vena femorale destra e dall’arteria femorale destra (nelle forme di tachicardia originanti nel cuore sinistro).
Una volta ottenuti gli accessi vascolari necessari viene posizionato in ventricolo destro un catetere stimolatore. Mediante tale catetere si stimola elettricamente il cuore in modo da far comparire (indurre) la tachicardia ventricolare.
A questo punto si introduce nella sede opportuna un catetere in grado di navigare all’interno del cuore ed inizia la fase di mappaggio della tachicardia, cioè di identificazione del sito di origine della tachicardia stessa.
Tale fase è assistita dall’uso di tecniche radioscopiche e di mappaggio elettroanatomico tridimensionale del cuore.
Con tale strumentazione è possibile ricostruire con precisione l’anatomia tridimensionale della regione cardiaca di interesse e creare delle mappe di origine e propagazione del circuito di tachicardia.
Una volta identificato tale circuito si procede alla sua ablazione, utilizzando una particolare forma di corrente elettrica (radiofrequenza), in grado di distruggere in modo selettivo il solo tessuto cardiaco responsabile dell’aritmia.
Una volta eseguita tale fase della procedura il cuore viene effettuata una stimolazione cardiaca programmata (studio elettrofisiologico) per confermare che la procedura abbia avuto un successo completo e duraturo.
Ablazione delle tachicardie ventricolari associate a cardiopatia strutturale
Anche in questo caso è di grande importanza poter disporre, quando possibile, di tracciati elettrocardiografici 12 derivazioni degli episodi aritmici. Soprattutto in questi pazienti tali tracciati costituiscono una guida di fondamentale importanza nella conduzione della procedura ablativa.
E’ inoltre fondamentale un preciso inquadramento clinico pre-procedurale del paziente, per potere predisporre tutti i provvedimenti diagnostici e terapeutici necessari alla esecuzione della procedura di ablazione nel modo più sicuro ed efficace possibile.
Deve essere in particolare valutata la eventuale necessità di supporto emodinamico del paziente durante la procedura stessa e devono essere predisposti tutti i presidi terapeutici indicati dalle particolari condizioni cliniche del singolo paziente.
La procedura di ablazione delle tachicardie ventricolari associate a cardiopatia strutturale vengono eseguite abitualmente in anestesia generale, con un monitoraggio cardio-respiratorio intensivo.
Gli accessi vascolari sono simili a quelli dell’ablazione delle tachicardie ventricolari idiopatiche, ma è spesso necessario ottenere un accesso epicardico percutaneo, quando si abbia ragione di ritenere che l’origine della tachicardia sia a livello epicardico.
L’ablazione di queste forme di tachicardia presuppone invariabilmente l’uso di sistemi di mappaggio elettroanatomico tridimensionale.
E’ possibile distinguere due tipi fondamentali di strategia di ablazione nelle TV associate a cardiopatia strutturale:
Ablazione in presenza di un substrato aritmogeno macroscopico (tipicamente nella cardiopatia postinfartuale e forme manifeste di displasia aritmogena)
Ablazione in presenza di un substrato aritmogeno diffuso e infiltrativo (tipico della cardiopatia dilatativa idiopatica ed in alcune forme di displasia ventricolare).
Quali sono le fasi dell’ablazione delle tachicardie ventricolari?
La procedura di ablazione delle tachicardie ventricolare prevede una serie di fasi differenti e successive:
Mappaggio elettroanatomico della cavità ventricolare di presunta origine della tachicardia. Questa fase prevede la completa ricostruzione dell’anatomia della camera cardiaca interessata assieme ad una valutazione ad alta densità dei potenziali elettrici (mappaggio elettroanatomico). Tale mappaggio consente di valutare se esistano aree di minore ampiezza del segnale elettrico, indicative della presenza di tessuto cicatriziale. Le caratteristiche dei segnali elettrici in tale sede (potenziali frammentati, aree di conduzione elettrica lenta, aree di blocco di conduzione) sono di fondamentale importanza per guidare la terapia ablativa.
Induzione della tachicardia mediante stimolazione elettrica programmata del cuore.
Mappaggio elettroanatomico della tachicardia. Questa fase è possibile solo se la tachicardia è tollerata emodinamicamente, cioè se durante la tachicardia stessa il cuore è in grado di pompare abbastanza sangue da mantenere una funzione circolatoria adeguata.
Ablazione del circuito responsabile della tachicardia
Convalida del risultato dell’ablazione con stimolazione cardiaca programmata.
Quali sono le problematiche e le criticità dell’ablazione delle tachicardie ventricolari?
Particolari problematiche dell’ablazione delle tachicardie ventricolari sono le seguenti:
La tachicardia ventricolare indotta non è tollerata emodinamicamente. In questo caso è necessario supportare il circolo con una assistenza mediante particolari forme di circolazione extracorporea (ECMO, “extracorporeal membrane oxygenation”).
La tachicardia ventricolare clinica (quella che il paziente presenta spontaneamente e l’ha condotto all’ablazione) non è inducibile. In questo caso si cerca di identificare mediante mappaggio elettroanatomico il substrato aritmogeno della tachicardia spontanea (aree di basso voltaggio elettrico, frammentazione dei potenziali elettrici, aree di conduzione lenta) e si procede ad una ablazione estesa in tale sede sino alla scomparsa dei potenziali lenti e frammentati (omogeneizzazione della cicatrice). Questo approccio è limitato a quelle forme di tachicardia associata ad aree cicatriziali macroscopiche.
Si inducono più forme di tachicardia, cioè non solo quella clinica. In questo caso, se possibile, si cerca di mappare ed ablare tutte le forme di tachicardia inducibili. Obbiettivo finale della procedura è di ottenere una eliminazione (non inducibiltà) in primis della tachicardia spontanea e, se fattibile, di tutte le forme di tachicardia osservate.
Dopo l’ablazione è sempre necessario il defibrillatore cardiaco?
L’ablazione delle tachicardie ventricolari è ancora oggi un trattamento complementare all’impianto di ICD, e viene in genere proposto a quei pazienti che hanno presentato una o più recidive di tachicardie ventricolari sostenute. Lo scopo primario dell’ablazione delle TV è di ridurre il burden aritmico e la conseguente necessità di interventi dell’ICD, e di migliorare quindi la qualità della vita e la sopravvivenza del paziente.
L’utilizzo dell’ablazione delle tachicardie è divenuto sempre più ampio grazie al miglioramento delle tecniche di mappaggio e grazie alla disponibilità di nuovi target di substrato (come ad esempio i potenziali tardivi) che riescono a predire, in aggiunta alla non inducibilità, in maniera ancora più accurata il rischio di recidiva.
In generale, soprattutto nei pazienti con tachicardie ventricolari associate a cardiopatia strutturale, l’ICD viene sempre mantenuto anche dopo un’ablazione efficace. Pazienti con TV idiopatiche o monomorfe tollerate emodinamicamente potrebbero avere un rischio di morte improvvisa più basso, in particolar modo in assenza di cardiopatia strutturale, o se la funzione cardiaca è solo moderatamente ridotta. In tali pazienti potrebbe non essere necessario mantenere il defibrillatore cardiaco, anche se tale aspetto non è stato ancora completamente indagato. Tuttavia la possibilità di effettuare ablazioni sempre più efficaci e specifiche potrebbe permettere nei pazienti a rischio più basso di proporre l’ablazione come terapia alternativa all’ICD.
Quali sono i rischi dell’ablazione delle tachicardie ventricolari?
L’ablazione transcatetere mediante radiofrequenza delle tachicardie ventricolari presenta, come tutte le procedure invasive, un rischio se pure non elevato di complicazioni. Le complicazioni più frequenti sono quelle locali che comprendono un piccolo ematoma nella sede di introduzione dei cateteri, mentre, molto più rare sono le lesioni a carico dei vasi sanguigni o dei nervi che corrono nelle vicinanze dei vasi. Lesioni a carico dei vasi in prossimità del cuore o nel cuore stesso si verificano con una frequenza estremamente bassa. Più frequentemente le complicanze sono transitorie (ematoma lieve ad auto-assorbimento, dolore toracico transitorio) o comunque correggibili.
Esistono poi complicazioni più gravi e molto più rare , come l’induzione di aritmie emodinamicamente instabili, che richiedano un sostegno del circolo (attraverso ECMO) e manovre di rianimazione cardiopolmonare. In casi rarissimi è possibile che avvenga un perforazione del cuore, con una raccolta di sangue nel pericardio (emopericardio), che può richiedere un drenaggio (pericardiocentesi) o ancora più raramente un intervento cardiochirurgico. Naturalmente il rischio di eventi avversi è più alto nei pazienti con cardiopatia strutturale rispetto ai pazienti in assenza di cardiopatia strutturale, dato il differente rischio clinico di base di tali pazienti.
In ogni caso nel nostro Centro, durante l’ablazione di tachicardia ventricolare sono sempre presenti oltre ai medici elettrofisiologi, anche medici anestesisti specialisti, e la procedura viene generalmente effettuata in sala ibrida (cioè una sala specificamente attrezzata nel caso sia necessario intervenire con ECMO o con eventuale procedura cardiochirurgica).
In sintesi il rischio associato all’ablazione di tachicardia ventricolare è basso rispetto ai rischi dell’aritmia stessa, ed il vantaggio derivato dal suo impiego per il paziente è molto alto, dato che queste procedure sono spesso salvavita, e vengono condotte in pazienti non più responsivi alle terapie farmacologiche.
La Sindrome di Brugada (BrS) è una malattia genetica che colpisce prevalentemente gli uomini nella terza e quarta decade di vita, e in assenza di cardiopatie strutturali evidenti comporta un aumentato rischio di morte improvvisa dovuta ad aritmie ventricolari maligne (tachicardia ventricolare o fibrillazione ventricolare).
Quali sono le opzioni terapeutiche e il razione della terapia ablativa nella Sindrome di Brugada?
Sin dalla prima descrizione della malattia e dagli articoli successivamente pubblicati in letteratura, è emersa una maggiore predisposizione a sviluppare aritmie potenzialmente letali che potevano condurre all’arresto cardiaco.
La problematica principale nel trattamento di questa malattia è legata al fatto che l’arresto cardiaco stesso può insorgere all’improvviso in assenza di segni premonitori. Per questo motivo, i pazienti a maggior rischio affetti dalla malattia possono avvalersi dell’impianto di un defibrillatore, che è in grado di interrompere un’aritmia potenzialmente fatale mediante una scarica elettrica e impedire l’arresto cardiaco.
Nonostante tale strategia sia estremamente efficace, bisogna ammettere che questa in alcuni casi può essere gravata da potenziali effetti collaterali, con notevole impatto sulla qualità di vita dei soggetti più giovani.
Inoltre, il defibrillatore rappresenta una terapia palliativa e non curativa della sindrome, perché, sebbene sia estremamente efficace nell’interrompere le aritmie potenzialmente mortali, non è invece in grado di prevenirne la loro insorgenza.
Da qui nasce la necessità di individuare i meccanismi della malattia stessa al fine di poter offrire una strategia terapeutica volta a stravolgere la storia naturale della BrS, per prevenire in modo sempre più efficace la morte improvvisa e per in futuro aspirare ad una chance di cura stabile e duratura.
La scoperta del substrato aritmicodella sindrome di Brugada
Nel 2015, per la prima volta, il gruppo diretto dal Prof. Pappone ha dimostrato ed identificato un gruppo di cellule, che esprimono potenziali elettrici anomali, sulla superficie esterna (epicardica) del cuore a livello del ventricolo destro.
Queste cellule sono raggruppate e vanno a costituire un’area confluente, che si riscontra in tutti i pazienti affetti dalla BrS.
Le caratteristiche di questo substrato elettrico anomalo sono alla base delle manifestazioni elettriche e cliniche della sindrome stessa, spiegano la presenza del tipico elettrocardiogramma della BrS. In special modo, il substrato aritmico si associa alla modalità di presentazione clinica della malattia e al rischio di soffrire di una forma di BrS più aggressiva con un substrato elettrico maggiormente instabile e prono allo sviluppo di aritmie ventricolari maligne.
L’ablazione del substrato aritmico della sindrome di Brugada
Come già spiegato in precedenza, il substrato aritmico della BrS si trova sulla superficie epicardica del ventricolo destro e del suo tratto d’efflusso.
Per raggiungere questa sede, è necessario eseguire una puntura subxifoidea (figura 1) e pertanto tale procedura si esegue in corso di anestesia generale.
Figura 1. Accesso epicardico (video).
Una volta raggiunto lo spazio pericardico, si inserisce un catetere con funzione di mappaggio dotato di elettrodi che sono in grado di registrare l’attività elettrica del cuore.
Attraverso l’utilizzo di software dedicati che sono associati a sistemi di mappaggio, è possibile ricostruire la geometria tridimensionale del cuore e di identificare con precisione le zone di miocardio affette dalla malattia (figura 2).
Figura 2. Mappaggio dell’area epicardica anomala
Per ottenere tale scopo è necessario somministrare l’ajmalina, durante questa fase di mappaggio. Questo farmaco è in grado di slatentizzare nel massimo grado le anomalie elettriche cardiache, e questo permette un’adeguata definizione dell’area di substrato anomala da trattare.
Una volta identificato il substrato elettrico anomalo in tutti i suoi aspetti, a quel punto è possibile effettuare l’ablazione di quest’area. Le erogazioni di radiofrequenza sono rapide e puntiformi, al fine di limitare l’ablazione alla sola superficie esterna del cuore, permettondo l’eliminazione delle sole cellule superficiali (figura 3).
Figura 3. Ablazione del substrato aritmico.
Scopo dell’ablazione consiste nell’eliminare tutti i potenziali elettrici anomali localizzati sull’epicardio (figura 4) determinando una completa normalizzazione dell’elettrocardiogramma che non mostra più, dopo ablazione, le anomalie elettriche classiche della BrS (figura 5). Questi elementi si associano inoltre alla scomparsa di aritmie ventricolari maligne nel follow-up post ablazione.
Figura 4. Scomparsa dei potenziali elettrici anomali dopo ablazione.
Figura 5. Normalizzazione dell’elettrocardiogramma post ablazione.
La scoperta del substrato aritmico nella BrS stabilisce il primo passo verso una migliore conoscenza della malattia e verso lo sviluppo di strategie di cura sempre più efficaci a disposizione del paziente.
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